sabato 5 ottobre 2013

“La Dc non sta rinascendo ma il Pd diventerà socialista”

Marco Follini: non c’è l’alchimia per la Balena bianca
 
 
 GIOVANNA CASADIOROMA 
 La Repubblica - 5/10/2013
 
«Non c’è più la Dc, ma ci sono i democristiani e qualcosa di quello spirito: tutto questo è utile al paese». Marco Follini, leader centrista, un passato moroteo, un’amicizia interrotta bruscamente con Casini nell’Udc e un addio quattro mesi fa al Pd dove era approdato, non vede un revival democristiano.
Sta per rinascere la Dc?
«Una domanda di equilibrio, senso della misura, composizione dei contrasti che richiama i momenti migliori del passato democristiano, c’è. Però ogni fenomeno politico è un mondo a se stante, la storia non si ripete. Sarei molto prudente nell’evocare paragoni che mi sembrano impropri».
Eppure l’accordo tra Letta e Alfano, entrambi giovani ex dc, spinge in questa direzione. Moriremo democristiani?
«Dopo anni e anni in cui i migliori piromani sulla piazza hanno dato fuoco alle polveri, che si presentino Letta e Alfano in divisa da pompieri non può che suscitare apprezzamento. Però eviterei di trarne conclusioni troppo affrettate ».
Nel senso che lei ha dei dubbi sulla tenuta dei rivoltosi del Pdl?
«Avendo sfidato a suo tempo Berlusconi, quando era fortissimo, verso chi lo ha sfidato dopo, ho un sentimento laico: li apprezzo ma voglio vedere le conclusioni».
Non pensa che Berlusconi sia fuori dalla scena?
«Prudentemente consulterei gli elettori prima di esprimere verdetti ».
L’incubazione di una nuova Balena bianca c’è, oppure no?
«Da democristiano ogni volta che sento soffiare quello spirito mi compiaccio, e osservo che argomenti, uomini della storia democristiana o formati a quella tradizione si rivelano utili al paese in questo momento. Letta e Alfano, per citare i primi attori. Però la cosa si ferma qui. E invito a distinguere tra la storia e la cronaca e a non fare della Dc una caricaturapostuma».
Una caricatura?
«La Dc va letta nel suo contesto, che è quello dei suoi anni, del suo mezzo secolo. Oggi per comporre l’alchimia democristiana mancano troppi elementi, non c’è laguerra fredda, non c’è la spesa pubblica, e direi che non c’è nella politica italiana quella straordinaria capacità di inclusione che aveva la Dc. Fu la democratizzazione dei ceti medi, l’allargamento delle basi dello Stato, la promozione di una nuova classe dirigente. Tutto questo non si vede, e fa una certa differenza».
Ma chiaroscuri storici a parte, la rivincita del neo centrismo sarà la fine del Pd?
«Non necessariamente. Il Pd secondo me è alla ricerca di una sua identità; è più facile che la trovi nel solco del socialismo europeo. Però a me pare un esercizio vano discettare adesso sullo scontro politico dei prossimi anni, perché noi oggi siamo in un passaggio cruciale: siamo chiamati a fare riforme profonde, a cercare di cambiare i fondamentali della nostra economia e ripensare le nostre istituzioni. Almanaccare sui partiti, senza passare dal collo di bottiglia delle cose che si devono fare, adesso, per ricucire la frattura con il paese, è un’operazione piuttosto vacua».
Come giudica l’esperimento di Monti e Casini?
«Non voglio infierire sulla loro difficoltà».

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