Una corsa già difficile rischia di essere compromessa dal duello tra Bersani e D'Alema
Io non sono sicuro su chi abbia più ragione, tra Massimo D’Alema
e Pier Luigi Bersani, nell’attribuzione di responsabilità sui
fallimenti del Pd nella primavera scorsa e soprattutto nella vicenda dei
101 contro Prodi. Credo che sulla questione la formula e anche la
versione più azzeccate si trovino nel libro in uscita di Marco Damilano.
Che già nel titolo va casomai a cercare Chi ha sbagliato più forte,
e che poi sui 101 dà spazio a una efficace testimonianza diretta di uno
di loro. Il quale (anonimamente) racconta quelle ore convulse come
l’esito tutto politico, ancorché drammatico, di una catena di errori
politici che tra febbraio e aprile si sono sommati e sovrapposti a
velocità sempre maggiore, fino all’inevitabile catastrofe.
Tutto questo sembra già lontano passato, anche se il libro di
Damilano sarà utile a inquadrare le ultime scosse democratiche, fino
all’arrivo sulla scena di Matteo Renzi, come lo sciame sismico di una
vicenda cominciata nel ’94 e proseguita durante il ventennio
berlusconiano con la reiterazione di scelte ed errori sempre uguali a se
stessi.
Il congresso del Pd del 2013 sembra poter dare lo stop a questa lunga coazione a ripetere. Sembra.
Perché nelle ultime ore il congresso della post-rottamazione vede il
ritorno da protagonisti di personalità che avrebbero dovuto recitare in
questa rappresentazione come comprimari, al massimo come suggeritori. Ma
evidentemente non si rassegnano.
Lo scontro fra Bersani e D’Alema viene in superficie dopo mesi di
contrasti sordi, la cui ragione troveremo nelle pieghe del libro di
Damilano. D’Alema, che è stato per vent’anni, e continua a essere, il
difensore della democrazia dei partiti contro le velleità uliviste e
“democratiche”, in pochi mesi ha visto questa missione smantellata dagli
errori dell’uomo al quale l’aveva affidata nel 2009.
Il beneficiario di questi errori, Renzi, godrà sommamente
dell’ulteriore sbriciolamento del muro che gli è stato eretto contro:
averne, di avversari come D’Alema e Bersani (ed è una frase che mai
avremmo sognato di scrivere).
Sarebbe invece un gran peccato se la corsa già difficile di Gianni
Cuperlo dovesse essere compromessa dal duello che incrociano sulla sua
testa due dei suoi più autorevoli sostenitori. Perché Cuperlo, e i molti
giovani che lo appoggiano, sono una risorsa cruciale del Pd che verrà, e
non meritano di venire schiacciati da qualcosa che non esiste più.
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