Vestito e cravatta scuri da Reservoir Dogs di Tarantino,
camicia bianca, microfono da conduttore di talk show, luci rock e
palcoscenico rotondo con freccia.
Tutto perfetto al lancio della corsa verso la segreteria di
Matteo Renzi ieri a Bari. Già gli analisti politici studiano la
Fenomenologia del Look, opponendo «Matteo hot» a Enrico Letta cool»,
secondo la vecchia, fallace teoria di McLuhan. In realtà il sindaco di
Firenze sa benissimo – riascoltatene il discorso come prova- che non gli basterà l’immagine per vincere la difficile partita in corso.
Il «look» colpisce infatti l’opinione pubblica, ma alla fine
sono le idee, gli interessi, la realtà ad assegnare la vittoria.
Credere che Berlusconi abbia vinto «grazie alla tv» è errore teorico,
cocktail di ignoranza e presunzione, costato alla sinistra italiana
venti anni di guai. Renzi ha ora davanti gli elettori che dovranno
votarlo, militanti e simpatizzanti Pd. Ha concesso loro la critica alla
legge Fornero, ha parlato di temi cari a Vendola. Consapevole che il
«Matteo» Gian Burrasca fiorentino degli esordi non piace all’apparato,
ai dirigenti tradizionali del sindacato, al Pd ortodosso, Renzi modula i
toni: conta vincere bene, senza strappi.
Ma un Renzi mellifluo come un doroteo e grigio come un
apparatchick del Cremlino farebbe ridere. Piaccia o no, la personalità
del sindaco è insofferente perfino ai consigli dei suoi spin doctors,
spinto da una foga che può creargli guai, ma piace agli elettori. Ieri
le scelte Pd erano nitide. Un Letta di governo che alla Festa di
Repubblica dialoga col direttore Mauro e con il socialdemocratico
tedesco Schulz. A Roma Cuperlo e Civati a cercare spazio. A Bari Renzi
«formato Pd». Gianni Cuperlo dice, con serietà, di volere «bucare le
coscienze» e non il video. In meno di 60 giorni Renzi deve dimostrare di
saper bucare le coscienze, oltre al video, cosa che fa egregiamente.
Perché tra «immagine» e «sostanza» non c’è contraddizione,
nel mondo web la sostanza «è» immagine, l’immagine «è» sostanza. La
tenuta del centrodestra nei sondaggi malgrado l’impasse di Berlusconi ne
è prova. La sfida di Renzi è semplice e dura: restare se stesso, non
truccarsi da statista corrucciato, ma ascoltare voci e bisogni dei
militanti Pd alle primarie e dei cittadini alle politiche. Ci ha provato
ieri parlando contro la Fornero, ma anche contro l’amnistia, non
polemico contro il Quirinale, ma attento agli umori moderati, centristi e
perfino ai populisti che dovrà contendere a Grillo.
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