sabato 6 giugno 2015

“Nessun patto con il clan di Buzzi il mio braccio destro ne uscirà pulito”

MAURO FAVALE
La Repubblica 6 giugno 2015
Nicola Zingaretti Il governatore del Lazio: con il mio ex Capo di Gabinetto Venafro autori di una stagione di trasparenza Ora abbiamo i necessari anticorpi
«L’indagine sul “Mondo di mezzo” non è un meteorite che arriva a devastare un prato verde ben tenuto. Qui i segnali e le patologie della politica c’erano già e si vedevano bene». Nicola Zingaretti è seduto dietro la scrivania di legno chiaro al secondo piano del palazzo della Regione Lazio. Parla «perché è necessario che la politica dia un segnale e inizi a ricostruire una dimensione collettiva che sembra persa». Il suo ex capo di gabinetto, Maurizio Venafro, è indagato nell’inchiesta su Mafia capitale per tentativo di turbativa d’asta: avrebbe ceduto alle pressioni di Luca Gramazio per piazzare un nome gradito a Salvatore Buzzi nella commissione di aggiudicazione per la gara regionale del cup.
Sapeva che i due si erano visti?
«Detta così non significa nulla: il capo di gabinetto e il capo dell’opposizione si saranno visti centinaia di volte».
Se Venafro le avesse detto che aveva incontrato il capogruppo Pdl per discutere di una gara come avrebbe reagito?
«Venafro ha spiegato che la sua interlocuzione era stata con tutti di natura politica».
È stato poco accorto?
«Ripeto: era fra i suoi compiti incontrare anche il capo dell’opposizione senza alcun pregiudizio politico. All’epoca, però, nessuno poteva immaginare di quali interessi era portatore Gramazio».
Venafro lavorava con lei anche alla Provincia: lo conosce da tanto?
«Sì, e voglio sottolineare che è indagato e non colpevole. In questi due anni con me in Regione, prima di dimettersi, è stato coprotagonista di una stagione durante la quale proprio su trasparenza e semplificazione abbiamo cambiato tutto. Tra rotazione dei dirigenti, centrale unica degli acquisti, fatturazione elettronica, abbiamo immesso tanti anticorpi utili a tutela della legalità».
Ma non sufficienti a chiudere i tentativi di infiltrazione.
«Ma su 4 miliardi di gare bandite nemmeno un euro è andato a mafia capitale. Non c’è nemmeno un assessore della mia giunta coinvolto nell’inchiesta ».
Eppure la gip parla di “patto corruttivo” in Regione. Come funziona?
«Ci sarà un percorso giudiziario per ricostruire i fatti che andrà rispettato. Quello che escludo è che ci sia stato un patto corruttivo della politica».
Si sente indebolito da questa vicenda?
«Il problema non è il mio indebolimento, è l’ultima cosa che mi preoccupa. Nessuno vuole minimizzare, ma qui gli anticorpi hanno funzionato e oggi consegniamo all’Italia una regione risanata e quasi fuori dal commissariamento della sanità».
Il Pd romano ha toccato il suo punto più basso?
«Diciamo che siamo a un punto nel quale non si hanno più scuse. La magistratura fa il suo compito e il procuratore Pignatone ha avuto un merito immenso a far luce su questa situazione. La politica, però, ha il dovere di indagare sui suoi errori».
Quali sono stati?
«Negli anni è cambiata la concezione del rapporto col potere, vissuto più come uno strumento per l’affermazione personale che per mettersi al servizio delle persone».
Solo questo?
«No, c’è un’altra patologia: il correntismo esasperato, una frantumazione del partito divenuto un insieme di singoli. E il singolo che si fa partito. Basti pensare alle sezioni “personali”, ed è un bene che Matteo Orfini su questo tema si sia attivato».
E quindi che si fa?
«Facciamo tesoro di questa deriva e cambiamo tutto: ripartiamo da una riscoperta etica della politica ».

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