martedì 26 agosto 2014

Renzi: «Il Pd è un riferimento per l’Europa. Non accettiamo lezioni»

Rude Francesco Calvo 

Il messaggio del premier alla Festa dell'Unità riassume la sua idea di Pd e rinnova la sfida a "gufi e rosiconi"

Come sarà la prima Festa dell’Unità targata Matteo Renzi? Innanzi tutto, è – come ampiamente anticipato – una festa che torna a chiamarsi “dell’Unità”, che può esprimere cioè «l’orgoglio per le nostre radici», chiarendo che le radici sono plurali, sono quelle delle «culture che si sono mescolate nell’impasto unico del Pd; quelle della sinistra, della sua tradizione, del cattolicesimo democratico, del liberalismo, dell’ambientalismo». Se solo una di queste è sembrata prevalente negli anni scorsi – si legge in filigrana nel saluto inviato da Matteo Renzi alla Festa – adesso non sarà più così.
Il testo scritto dal premier-segretario è tutt’altro che rituale. Anzi, è denso di contenuti politici. Il filo rosso è quello che parte proprio da questo rinnovato Pd, da quello che oggi «è guardato in tutta Europa, e non solo, come un riferimento, talvolta indicato come modello dai nostri partner socialisti (nostri, perché proprio “questo” Pd è entrato nel Pse, ndr), come in passato facevamo noi con il New Labour britannico o la Neue Mitte tedesca».
Il riferimento a Blair e Schroeder è una chicca che Renzi si concede e che però trova fondamento non solo in questa carica innovativa riconosciuta da più parti, ma anche e forse soprattutto in quel risultato delle elezioni europee del tutto inatteso. «Il 40,8 – il più grande risultato da 48 anni – ci ha consegnato una enorme responsabilità. L’orgoglio, certo, di una sinistra, di un partito che sa vincere, e vince». La rottura con il passato è di linea, allora, ma si legge soprattutto nei numeri.
Numeri che, però, Renzi vuole far pesare non tanto per un regolamento di conti interno, quanto piuttosto nel confronto aperto – e che nel consiglio europeo di sabato avrà un passaggio molto importante – con i partner continentali e internazionali in genere. E con i “gufi e rosiconi” di casa nostra: «Ogni tanto – scrive il premier – qualcuno ci viene a fare la lezione sulle priorità, che noi abbiamo ben chiare». Quali sono? Quelle che «riguardano, complessivamente, l’assetto dell’Italia, la sua capacità come comunità di fare fronte agli impegni presi e alle sfide di una competizione globale, alla nostra storia e al futuro di un grande paese europeo, tanto più nel pieno del nostro semestre di presidenza dell’Unione. È questo – specifica – il senso dei mille giorni, che i soliti noti (eccoli i “gufi e rosiconi”, ndr) hanno voluto leggere come un rallentamento della nostra azione di cambiamento, e invece ne costituisce l’orizzonte, la profondità, l’intensità di un mandato di legislatura».

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