giovedì 21 agosto 2014

«Blindati anti-mina ed elicotteri: 
ecco cosa ci serve».


Corriere della Sera 21/08/14
DAL NOSTRO INVIATO
 ERBIL

«L’Italia è famosa in tutto il mondo per la sua vasta produzione di mine. Le costruisce ed esporta da decenni, di ogni tipo e modello. Magari sarà in grado di fornire i curdi di equipaggiamento anti-mine e per il disinnesco degli esplosivi. Ne abbiamo un bisogno urgente. Ma non solo di questo. I nostri nemici sono armatissimi e noi abbiamo quasi nulla oltre ai nostri Kalashnikov e a ciò che ci rimane degli arsenali di Saddam presi ormai undici anni fa». Fuad Hussein, capo del gabinetto del presidente dell’enclave autonoma curda nell’Iraq settentrionale Masoud Barzani, spiega le necessità militari dei peshmerga e ciò che chiedono all’Italia e all’Europa.

Cosa sta in cima alla vostra lista delle armi?
«Blindati anti-mina. Lo stiamo vedendo ora nella battaglia per il controllo della diga di Mosul contro le brigate islamiche del cosiddetto Califfato. Nonostante il sostegno dei caccia americani, abbiamo impiegato più giorni per liberare la diga e le aree limitrofe proprio per il fatto che erano state pesantemente minate. L’Italia e l’Europa possono aiutarci. Speriamo che arrivino presto i primi aerei cargo. La guerra è ancora lunga».

Cosa altro vi serve?
«Armi anticarro di nuovo modello. Le nostre sono troppo obsolete. I nostri bazooka sono efficaci solo dalla distanza massima di 30 metri».

Può spiegare meglio?
«I terroristi del Califfato hanno in mano dei modelli nuovissimi di gipponi Humvee americani catturati all’esercito iracheno in giugno, che oltretutto hanno corazzato ulteriormente in modo artigianale. Due settimane fa i nostri soldati si sono trovati del tutto impotenti. Sparavano, ma i colpi rimbalzavano via. Abbiamo bisogno al più presto di ottenere armi adeguate e del tempo per addestrarci».

E poi?
«Beh, tanto! Le nostre artiglierie sono modelli degli anni Settanta, pesanti e con raggi di tiro limitati. Necessitiamo di visori per la guerra notturna. Nei fatti quando arriva il buio le nostre truppe si fermano. Le loro no. Inoltre vorremmo fucili ad alta precisione per i cecchini. Loro li utilizzano tutto il tempo. Hanno un’efficacia di tiro superiore ai tre chilometri. Infine, l’Italia in particolare potrebbe mandarci elicotteri».

Dove avete sentito il bisogno dei elicotteri? Le milizie del Califfato non li usano.
«Per esempio nella battaglia della montagna di Sinjar, dove due settimane fa scappavano gli yazidi perseguitati. Avremmo potuto difenderli molto meglio e certamente organizzare una vasta operazione di evacuazione se avessimo avuto gli elicotteri».

Tra le preoccupazioni della comunità internazionale nell’armare i curdi c’è quella di evitare che si rendano troppo indipendenti dal governo di Bagdad. Cosa replica?
«Che non siamo noi a separarci dal governo di Bagdad. Ma nei fatti questo è un Paese diviso, frazionato. Tra noi e la capitale è nata un’enclave armata e pericolosa di militanti estremisti sunniti. Bagdad non solo non è stata capace di combatterla, ma soprattutto non ci ha difeso, ha totalmente fallito nella propria missione di Stato centrale. Noi curdi abbiamo dovuto difenderci da soli e anche aiutare i profughi che scappavano verso Nord».

Ora però a Bagdad c’è un nuovo premier. La situazione è cambiata. Non crede?
«Stiamo a vedere, speriamo che sia così. Occorre capire quanto il nuovo premier, Haider al-Abadi, sia in grado di rendersi indipendente dall’influenza nefasta di Nouri al Maliki, il primo ministro dimissionario che è largamente colpevole del fallimento dell’Iraq come Stato unitario negli ultimi otto anni. Per ora le loro forze militari sono state incapaci di riconquistare la città di Tikrit. Speriamo siano più efficienti nei prossimi giorni»

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