mercoledì 20 agosto 2014

Gaza, finisce la tregua che conveniva a pochi. In tanti tramano contro la pace

Alessandro Accorsi 
Europa  

Sotto accusa i razzi di Hamas, che però nega. Il premier Nethanyahu avrebbe cercato di nascondere la bozza di accordo al proprio governo e in particolare al ministro degli esteri Lieberman
L’ennesima tregua a Gaza finita con nuovi bombardamenti, razzi e accuse reciproche.Eppure, il compromesso raggiunto al Cairo prevedeva una tregua permanente e non più limitata a 72 ore. I negoziati veri e propri sulle richieste di entrambe le parti sarebbero stati rimandati a colloqui successivi. Una formula di dubbio successo, ma che consegnava una vittoria di facciata a israeliani e palestinesi.
È bastato un lancio di razzi, di cui Hamas nega ogni responsabilità, e i successivi raid israeliani per mostrare la fragilità dell’accordo e quanti siano gli attori che tramano alle spalle della pace.
Ad aver lanciato i razzi non sarebbe stata Hamas, che nega con forza qualsiasi coinvolgimento, ma una fazione palestinese minore, i Comitati di Resistenza Popolare, terza forza politica nella Striscia per capacità militari e strettamente associata ad Hezbollah.
Difficile capire se il gruppo abbia agito in totale autonomia, magari su imput di Hezbollah e Iran, come è difficile credere che Hamas non fosse al corrente dell’operazione, specie in un momento cosi delicato. Probabile che la leadership politica di Hamas a Gaza ne fosse all’oscuro, considerando che poche ore prima aveva dato ordine di far riprendere la vita quotidiana nella Striscia riaprendo scuole e uffici e accelerando un ritorno alla normalità auspicato dalla popolazione.
Se, però, qualcuno dentro Hamas sapeva, i maggiori indiziati sono da ricercare nel leader dell’ala militare del movimento islamico, Mohamed Deif e in quello del Politburo Khaled Meshaal.
Grazie al conflitto, infatti, la popolarità di Deif è in ascesa e potrebbe continuare a salire grazie a un video rilasciato dall’agenzia Reuters che mostra i combattenti di Hamas nella fitta rete di tunnel che Israele sostiene di aver distrutto.
Meshaal, invece, avrebbe potuto agire a salvaguardia degli interessi del Qatar, stato in cui si trova in esilio e maggior finanziatore di Hamas. L’accordo su un cessate il fuoco permanente avrebbe rappresentato, infatti, il primo vero successo diplomatico per il presidente egiziano Sisi, nemico giurato dell’emirato e della sua politica estera. L’emiro Tamim ha fatto capire piú volte che non ci sarà accordo senza il coinvolgimento qatarino e, non a caso, il presidente palestinese Abbas volerà a Doha per incontrare Meshaal e l’emiro.
Ma anche in Israele non mancano i problemi, tanto che secondo Haaretz il premier Nethanyahu avrebbe cercato di nascondere la bozza di accordo al proprio governo e in particolare al ministro degli esteri Lieberman. I falchi non perdono occasione di denunciare qualsiasi accordo e per questo, anche in Israele, c’è chi vede con favore la fine dell’ennesima tregua, ma è pronto a negoziarne presto un’altra e poi ancora un’altra a patto di non fare concessioni finchè la guerra non si esaurirà lentamente per stanchezza, disinteresse o inerzia.

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