Dall'abolizione delle province alla riforma del senato, dalla
decadenza di Berlusconi all'arresto dei Serenissimi, fino al nuovo reato
di voto di scambio: tutto fa colpo di stato. Così non ci accorgeremo
mai di quello vero.
Quando vedremo una giunta militare presentarsi in tv,
faticheremo a parlare di un colpo di stato. Quando un ministro verrà
beccato in una riunione di mafiosi, non saremo sicuri che si tratti
davvero di collusione tra politica e cosche. Quando un capo dello stato
emanerà decreti non approvati dal parlamento, sarà difficile denunciare
una svolta autoritaria.
Già, andrà così. Per colpa del sistematico abuso di allarme
democratico, presto non avremo più la percezione esatta dei rischi né la
terminologia credibile per descriverli. Dopo l’ultima denuncia
apocalittica, ogni parola pesante avrà perso di significato e ogni
concetto grave apparirà banale.
Pensate che solo nelle ultime 48 ore si sono consumati in Italia
almeno due golpe mentre si chiudeva con successo la famigerata
trattativa tra Stato e mafia.
È stato «un golpe» approvare (dopo i doverosi passaggi parlamentari)
la riforma Delrio che anticipa l’abolizione delle province: lo ha
tuonato alla camera il capogruppo di Forza Italia Brunetta.
Ci si è poi inchinati alla criminalità varando alla camera la
versione aggravata del reato voto di scambio con modifiche rispetto al
testo del senato: l’ha denunciato Cinquestelle, tacendo che la
precisazione del reato era stata chiesta dalla magistratura (per evitare
di mandare in vacca inchieste e processi per colpa di codici
irrealistici). E sorvolando sul dettaglio che saranno finalmente
perseguibili complicità finora impunite.
Infine, come ognuno sa, abbiamo in pieno corso «la svolta
autoritaria» della fine del bicameralismo, denunciata dagli
auto-nominatisi custodi della Costituzione.
Potremmo continuare con «la repressione delle idee» (come un ex
ministro degli interni ora presidente della regione più ricca d’Italia
definisce l’arresto di alcuni dementi pianificatori di secessioni
armate) per toccare il culmine della ben nota «fine della democrazia»
rappresentata dall’applicazione a Berlusconi della legge uguale per
tutti (legge del contrappasso peraltro, avendo lo stesso Berlusconi
liquidato la democrazia italiana almeno una decina di volte, a stare
alla vulgata di sinistra).
Golpe di cui non rimarrà traccia sulle pagine di storia. Meglio così,
se pensiamo che secondo l’economista Beppe Grillo e i suoi accoliti, l’Italia sarebbe dovuta andare in default esattamente sei mesi fa. Un’altra catastrofe di cui non s’è più saputo nulla.
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