Dopo due mesi di governo, di fronte alla nuova ondata grillina, è
giusto ripensare alla scelta di Renzi su palazzo Chigi. E riconoscere
che se non l'avesse compiuta ora sarebbe molto peggio per tutti.
Guardando Beppe Grillo, ascoltando i suoi sproloqui sempre più
preoccupati e preoccupanti, non si può fare a meno di chiedersi come
sarebbe ora la situazione se Matteo Renzi non avesse deciso di spiazzare
sostenitori, avversari e osservatori con l’azzardata mossa della
conquista di palazzo Chigi.
Non si tratta di fare confronti, bensì di decidere se Renzi avesse
valutato bene la situazione e il pericolo che tutto e tutti venissero
travolti dalla nuova ondata di piena grillina; e se la scossa che ha
imposto al sistema (non solo quello politico) si stia rivelando efficace
rispetto all’obiettivo che Renzi aveva dichiarato: salvare la politica
da se stessa, ripristinare livelli minimi di fiducia nella democrazia e
nelle istituzioni laddove il M5S vorrebbe galoppare sulle macerie.
Non è un esercizio ozioso. Al di là dell’agiografia o dell’antipatia
preconcetta – entrambe ben presidiate nel circuito politico-mediatico –
dobbiamo farci un’idea dello spessore di Renzi, al quale tutti
riconoscono formidabili capacità comunicatiche mentre gli negano la
visione strategica che altri leader di sinistra avrebbero avuto.
Il presidente del consiglio è sicuramente un improvvisatore, fin qui
abile e fortunato, quanto a tattica e nella definizione dell’agenda. Ma
se proviamo a immaginare come staremmo adesso – con il governo Letta
sotto le bordate sempre più violente di Grillo e un Pd fatalmente
stretto fra l’urgenza di apparire “nuovo” e la fedeltà a una formula di
governo in affanno – dobbiamo riconoscere che Renzi ha colto la
drammaticità del momento meglio e prima di tutti, agendo con la durezza
necessaria, riuscendo perfino a sfruttare le difficoltà di Berlusconi
nello stringerlo in un patto per le riforme che a quanto pare regge.
Già, perché anche la friabilità di Forza Italia ci conferma che senza un
potente catalizzatore dinamico e positivo al centro della scena (un
governo percepito come monocolore renziano), oggi Grillo non
incontrerebbe seri ostacoli nel suo assalto.
I primi conti si faranno il 26 maggio. Ma con grande (ed evidente)
scorno di Grillo possiamo constatare fin d’ora che in ogni passaggio il
messaggio di cambiamento di Renzi è arrivato agli italiani, ben prima
degli effetti concreti del suo governo, dando al sistema immunitario
della democrazia un po’ dell’energia perduta.
Di statista parleremo tra vent’anni. Intanto riconosciamo al leader del Pd qualcosa di più della parlantina svelta.
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