Massimo Gramellini
La Stampa 26/04/2014
In assenza di Laura Boldrini, impegnata a cantare «Bella Ciao»
altrove, toccava al vicepresidente Roberto Giachetti rappresentare la
Camera dei Deputati alle cerimonie romane del Venticinque Aprile.
Giachetti è un Pannella serio, un digiunatore intemerato allergico alla
cravatta e all’etichetta. Pur avendo diritto all’autoblù, vi ha
rinunciato per poter scorrazzare con la sua moto privata, e nemmeno
celeste, fino all’Altare della Patria.
Giunto all’altezza della Bocca della Verità, è stato fermato a un
posto di blocco da due vigili urbani. Giachetti si è tolto il casco e ha
spiegato di essere uno degli invitati, come tale autorizzato a rombare
nella zona momentaneamente preclusa al traffico. Ma i vigili gli hanno
risposto che per motivi di sicurezza l’accesso al cuore politico della
Capitale era consentito soltanto alle autoblù.
Giachetti ha subito colto l’ironia dell’intera vicenda: tutti pronti a
tuonare contro i simboli del potere, poi appena qualcuno vi rinuncia
viene trattato da intruso. Invece i pizzardoni non l’hanno colta. Il
loro ruolo li dispensa dall’essere ironici. Devono (dovrebbero) far
rispettare le regole. Persino quando, come in questo caso, le regole
sono in palese ritardo rispetto alla sensibilità dei cittadini. Alla
fine il buon Giachetti ha parcheggiato la sua moto non blu accanto alla
Bocca mozza-bugiardi e ha raggiunto Napolitano a piedi, dopo una vasta
camminata archeologica. Siamo orgogliosi di lui. Però anche dei vigili.
Hanno fatto tutti la cosa giusta: ogni tanto capita, il Venticinque
Aprile.
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