La Repubblica - 5/4/2012
PAOLO RODARI
Una religiosità sentita, ma vissuta
strettamente nel privato, volutamente tenuta ai margini dalla vita
pubblica, quella dell’amministratore di città che quando decide di
competere per la leadership del proprio partito di riferimento basa
la campagna elettorale non solo sullo «ius soli», ma anche sui
diritti civili, il riconoscimento delle coppie di fatto. Temi scomodi
per le gerarchie ecclesiastiche che, non a caso, quando sono
interrogate su di lui dicono: «È sfuggente, non sappiamo come
prenderlo».
Matteo Renzi non ha in Vaticano le
entrature che grazie a Gianni Letta e Federico Toniato avevano
rispettivamente Silvio Berlusconi e Mario Monti. Eppure la sua vita
religiosa è autentica, custodita nel silenzio di Pontassieve, nella
chiesa di San Giovanni Gualberto, quella dell’amico don Luciano
Santini. E anche in casa, nei gesti intimi di tutti i giorni, il
segno della croce prima di mangiare, le preghiere della sera. «Che
dici ho fatto bene?», chiese alla moglie Agnese una sera del 2009,
scendendo dal palco su cui aveva appena annunciato la sua candidatura
a sindaco di Firenze. «Sì, abbiamo pregato tanto», rispose lei.
Preghiere sussurrate non solo fra le mura domestiche, ma anche in
Sardegna, durante un ciclo di esercizi spirituali guidati dal gesuita
padre Enrico Deidda. Tra Cagliari e Villa Simius, Matteo e la moglie
Agnese siedono periodicamente assieme alla scuola di sant’Ignazio
di Loyola, il santo fondatore dell’Ordine dei gesuiti. Giorni di
ritiro assoluto, per discernere il proprio posto nel mondo alla luce
delle indicazioni di Dio, nella consapevolezza però dell’autonomia
della coscienza.
Meno gerarchie, più fede vissuta.
Tanto che non è un caso che fra le sigle dell’associazionismo
cattolico più legate a Renzi ci sia l’Agesci, l’associazione low
profile di guide e scout cattolici italiani. Seppure, negli anni
giovanili, ci fu una breve “sbandata” per un gruppo seguace di
una fede più decisa e incidente, ovvero Gs, la costola studentesca
di Comunione e Liberazione guidata da don Paolo Bargigia, oggi
missionario in Perù. Si devono a questa frequentazione le citazioni
del premier di Chesterton, Dostojevskij e del poeta francese Charles
Peguy. E frequentazioni cielline ha avuto il suo grande amico Marco
Carrai, attualmente presidente della società che gestisce
l’aeroporto di Firenze, manager con contatti eterogenei. È di
Carrai un libro sulle «falsità» di Dan Brown, bugie e falsi
storici, scritto con Franco Cardini, Maurizio Seracini e John Paul
Wauck, curatore di “Un cammino attraverso il mondo di San Josemaria
Escriva”, fondatore dell’Opus Dei.
Cl e l’Opus Dei, un movimento
ecclesiale e una prelatura a cui Renzi non ha mai aderito. Seppure
contatti ve ne siano stati non pochi. Non molto tempo fa gli chiesero
dei suoi rapporti con la Compagnia delle Opere. Rispose: «Trovo
stravagante l’atteggiamento della sinistra verso la Compagnia.
L’unico politico che ha chiuso il Meeting di Rimini si chiama
Pierluigi Bersani. Se Bersani può parlare con la Cdo, non vedo
perché non ci possa parlare qualcun altro».
Certo, con qualche esponente della
gerarchia i rapporti sono più ravvicinati. Ex scout è Renato
Boccardo, attuale arcivescovo di Spoleto, per anni guida spirituale
dell’Agesci, segretario del Governatorato vaticano e organizzatore
dei viaggi di papa Wojtyla. Fra i due i rapporti sono buoni. Così
anche con l’arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori, seppure la
scorsa estate qualcosa non andò per il meglio. Renzi rispose in modo
piccato a un’omelia di Betori dedicata al degrado morale del
capoluogo toscano. Disse che l’intervento di Betori era di matrice
ruiniana, «un linguaggio della scuola della vecchia Conferenza
episcopale italiana » . Anche se poi, lo scorso gennaio, in
occasione di un incontro pubblico, i due si sono abbracciati e hanno
dichiarato «reciproca stima e rispetto dei ruoli ».
Papa Francesco, ricevendo ieri in
udienza privata Renzi e la sua famiglia, sembra abbia voluto
assecondare questo tratto non politico del credere del premier. Che
non a caso è entrato in Vaticano da una porta laterale, quella del
Perugino, dove hanno accesso i fattorini di Santa Marta, i domestici,
cuochi e donne di servizio. I consueti canali diplomatici sono stati
tagliati fuori nell’organizzazione dell’udienza. Renzi si è
fatto vivo direttamente con la casa pontificia, la «famiglia» del
Papa. Il tutto, insomma, all’insegna di un profilo tenuto
volutamente basso, una linea in un certo senso «subìta» dalle
gerarchie vaticane, con papa Francesco però consenziente.
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