martedì 3 febbraio 2015

Il premier e «Orizzonte 2018» 
La manovra dei nuovi Responsabili.


Corriere della Sera 03/02/15
Francesco Verderami
Responsabilmente responsabilizzati, i Responsabili sono pronti a (ri)comparire in Parlamento. Le truppe che per ora indossano divise variegate, attendono solo un segnale dal premier.
Alla bisogna si mostreranno al Palazzo e al Paese al grido di «lunghissima vita alla legislatura», che poi è la parola d’ordine di Renzi, deciso ad arrivare fino al 2018. Ed è proprio questa data che potrebbe essere adottata per il nome dei gruppi in Parlamento. È una «renzata» partorita nelle ore infuocate che hanno preceduto l’intesa nella maggioranza su Mattarella, una suggestione accolta tra larghi sorrisi e grandi complimenti dai compagni che si trovavano insieme al capo nella stanza. Qualora Alfano avesse rotto, il leader del Pd avrebbe rivolto un appello a deputati e senatori sparsi nei due emicicli in ogni dove, per invitarli a dare alle riforme un orizzonte: «Orizzonte 2018», ecco il nome. Giusto per dare una mano di vernice ai Responsabili.

Visto com’è andata poi la sfida Quirinale, per ora Renzi non ritiene necessario portare l’operazione a compimento. Ma non c’è dubbio che la manovra sia già stata messa a punto. Ieri lo ammetteva candidamente un autorevole esponente del Pd: «In caso di necessità al Senato i numeri ci sono. Anche senza il Nuovo centrodestra». E visto che i Responsabili vanno prima responsabilmente responsabilizzati, vuol dire che — tra un voto sulla legge elettorale e i voti per il successore di Napolitano — il premier si era portato avanti. Preparare un piano non significa però metterlo immediatamente in atto, basta minacciarlo. Sebbene Renzi, nella sua «visione darwiniana della politica» — come viene definita al Nazareno — abbia voluto iniziare a regolare i conti nel governo dopo la sfida Quirinale.

Il modo sprezzante in cui si è rivolto ad Alfano, può sembrare un gesto istintivo per uno come Renzi che non concepisce l’idea del «dentro e contro» nel Pd e nella maggioranza. Oppure è il tentativo di mettere in pratica immediatamente la teoria della selezione naturale dei «partitini». I Responsabili, pardon gli «orizzontisti», potrebbero far scattare in ogni momento la tenaglia, se solo il ministro dell’Interno provasse ad alzare il tiro nel governo. Ora si capisce cosa intendeva davvero dire in questi giorni il ministro Boschi, quando sottolineava che «la maggioranza è autosufficiente»: è all’autosufficienza renziana che si riferiva.

D’altronde la titolare delle Riforme non è estranea alla manovra, anzi è parte in causa: è nella sua stanza che — nelle ore in cui Alfano ancora trattava con il premier sul Quirinale — riunì una pattuglia di senatori di Ncd e li fece schierare a favore di Mattarella. Da allora sono stati ribattezzati «gli undici apostoli» della Boschi, anche se non è detto che facciano già parte del gruppo dei difensori delle riforme. In fondo, forse, non ce ne sarà bisogno: l’invito del nuovo capo dello Stato a Berlusconi — unito allo sconto di pena deciso dalla magistratura a favore dell’ex premier — è propedeutico a una pacificazione tra l’inquilino di Palazzo Chigi e il leader di Forza Italia, e servirà a dare un vestito istituzionale a quello che è stato il patto del Nazareno.

Perché il patto originario è andato in pezzi. E poco importa che Verdini ieri abbia sottolineato come l’intesa prevedesse anche il «nome condiviso» per il Colle. Il punto è che Berlusconi si è sentito gabbato, e per la prima volta — tra le macerie e davanti al suo sinedrio — ha pronunciato una parola che non era contemplata nel suo dizionario: «Ho sbagliato». Di errori il centrodestra nella trattativa per il Colle ne ha commessi tanti. E Alfano — che doveva pagare la cambiale di una ritrovata intesa con il suo (ex) presidente e non poteva troncare subito le aspirazioni Casini — si è ritrovato a saldare il conto più alto. Tra dimissioni, defezioni e una crisi di nervi nel partito che rimarca oltremodo le sue difficoltà, si ritrova in un budello alla vigilia della scelta di campo delle Regionali: con Renzi che lo attende al varco da una parte, e Salvini che prova a chiuderlo dall’altra, per mettere in difficoltà la stessa Forza Italia.

Il leader di Ncd sostiene però di avere una via d’uscita, «è una tempesta — dice — che si placherà», ed è convinto che dopo aver superato il test delle Europee e aver scongiurato «l’operazione Lassie» con cui Berlusconi voleva smontargli i gruppi parlamentari, «anche stavolta ce la faremo. La prova servirà a capire chi sa reggere nelle difficoltà e chi va invece in crisi o si rivela scorretto. Intanto sono convinto che nessuno se ne andrà». Altrimenti Renzi ha già pronti i suoi «orizzontisti». Responsabilmente responsabilizzati.




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