Ancora sbarchi nelle ultime ore a Lampedusa e in Calabria. La
storica visita nel cuore del dramma dell'immigrazione sarà «un segno
forte per richiamare l’attenzione di tutti»
Continuano ad arrivare dal mare. In poche ore altri trecento
migranti sono sbarcati a Lampedusa, sul molo di Punta Favarolo, dove
lunedì arriverà anche papa Francesco. Come sempre, come ogni dannata
estate, da un’infinità di anni. Ci sono donne, alcune incinte, e
bambini. Questa volta non si contano vittime, ma il dramma si rinnova,
sempre uguale, sempre senza che i governi e la comunità internazionale
mettano in campo strategie nuove ed efficaci per tutelare la dignità di
milioni di persone.
Non solo a Lampedusa. Anche in Calabria, sulla costa ionica, sempre
ieri, è stato soccorso un barcone con 65 immigrati. Mentre l’altra notte
a Bari, nel centro per i richiedenti asilo (Cara) alle porte della
città che ospita un migliaio di migranti di quaranta diverse
nazionalità, è scoppiata una rissa: un morto e tre feriti.
«Sono persone umane, che fanno appello alla solidarietà e
all’assistenza, che hanno bisogno di interventi urgenti, ma anche e
soprattutto di comprensione e di bontà. Dio è buono, imitiamo Dio. La
loro condizione non può lasciare indifferenti», aveva sottolineato papa
Bergoglio lo scorso maggio, rivolgendosi ai partecipanti alla assemblea
del pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti
che aveva approfondito il tema della “sollecitudine pastorale nel
contesto delle migrazioni forzate”. La Chiesa, aveva detto ancora il
Santo Padre, deve manifestare «tenerezza e vicinanza verso chi è
costretto a fuggire dal proprio paese e vive tra sradicamento e
integrazione. Questa tensione distrugge le persone». E sempre in quella
occasione, aveva denunciato la «tratta delle persone», definendola
«un’attività ignobile, una vergogna per le nostre civiltà che si dicono
civilizzate!».
Ora la scelta di compiere la sua prima visita fuori Roma nel cuore di
un Mediterraneo in cui l’umanità percorre le rotte della morte e della
disperazione, sarà – come scrive il cardinale Antonio Maria Vegliò,
presidente del pontificio consiglio per la pastorale dei migranti, sull’Osservatore Romano – «un segno forte per richiamare l’attenzione di tutti».
«Ci si deve interrogare – scrive il porporato – sui comportamenti dei
governi, specialmente in relazione alle condizioni e ai luoghi
all’interno dei paesi riservati a queste persone sfollate. Si tratti dei
confini estremi di una nazione, di campi profughi nel deserto o in
un’isola sperduta lontano dalla terraferma».
Tante domande sull’accoglienza, sul diritto all’asilo e alla
protezione che lo storico gesto di papa Francesco saprà comunicare con
una forza alla quale non si potrà restare indifferenti.
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