giovedì 4 luglio 2013

Il papa a Lampedusa tra gli sbarchi: scossa ai governi sul dovere dell’accoglienza

Maria Galluzzo
 

Ancora sbarchi nelle ultime ore a Lampedusa e in Calabria. La storica visita nel cuore del dramma dell'immigrazione sarà «un segno forte per richiamare l’attenzione di tutti»
Il papa a Lampedusa tra gli sbarchi: scossa ai governi sul dovere dell’accoglienzaContinuano ad arrivare dal mare.  In poche ore altri trecento migranti sono sbarcati a Lampedusa, sul molo di Punta Favarolo, dove lunedì arriverà anche papa Francesco. Come sempre, come ogni dannata estate, da un’infinità di anni. Ci sono donne, alcune incinte, e bambini. Questa volta non si contano vittime, ma il dramma si rinnova, sempre uguale, sempre senza che i governi e la comunità internazionale mettano in campo strategie nuove ed efficaci per tutelare la dignità di milioni di persone.
Non solo a Lampedusa. Anche in Calabria, sulla costa ionica, sempre ieri, è stato soccorso un barcone con 65 immigrati. Mentre l’altra notte a Bari, nel centro per i richiedenti asilo (Cara) alle porte della città che ospita un migliaio di migranti di quaranta diverse nazionalità, è scoppiata una rissa: un morto e tre feriti.
«Sono persone umane, che fanno appello alla solidarietà e all’assistenza, che hanno bisogno di interventi urgenti, ma anche e soprattutto di comprensione e di bontà. Dio è buono, imitiamo Dio. La loro condizione non può lasciare indifferenti», aveva sottolineato papa Bergoglio lo scorso maggio, rivolgendosi ai partecipanti alla assemblea del pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti che aveva approfondito il tema della “sollecitudine pastorale nel contesto delle migrazioni forzate”. La Chiesa, aveva detto ancora il Santo Padre, deve manifestare «tenerezza e vicinanza verso chi è costretto a fuggire dal proprio paese e vive tra sradicamento e integrazione. Questa tensione distrugge le persone». E sempre in quella occasione, aveva denunciato la «tratta delle persone», definendola «un’attività ignobile, una vergogna per le nostre civiltà che si dicono civilizzate!».
Ora la scelta di compiere la sua prima visita fuori Roma nel cuore di un Mediterraneo in cui l’umanità  percorre le rotte della morte e della disperazione, sarà – come scrive il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del pontificio consiglio per la pastorale dei migranti, sull’Osservatore Romano – «un segno forte per richiamare l’attenzione di tutti».
«Ci si deve interrogare – scrive il porporato – sui comportamenti dei governi, specialmente in relazione alle condizioni e ai luoghi all’interno dei paesi riservati a queste persone sfollate. Si tratti dei confini estremi di una nazione, di campi profughi nel deserto o in un’isola sperduta lontano dalla terraferma».
Tante domande sull’accoglienza, sul diritto all’asilo e alla protezione che lo storico gesto di papa Francesco saprà comunicare con una forza alla quale non si potrà restare indifferenti.

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