Calderoli venga espulso dalla Lega e non sia più vicepresidente del
Senato, dopo le dichiarazioni sul ministro Kyenge. Poi si comincia a
parlare
In breve, il vicepresidente del Senato alla solita festa
leghista paragona il ministro Cecile Kyenge a un orango, avete letto
bene. Segue una escalation di vibrate proteste, solidarietà e dure
parole di condanna. Intervengono le istituzioni, Palazzo Chigi, la
presidente della Camera Boldrini, Grasso e giù così (probabile si fara’
sentire anche il Quirinale). I leghisti, che pure erano stati
pelosamente solerti a espellere la bossiana Dolores Valandro per avere
auspicato – madre santa – lo stupro di Kyenge su Facebook, fanno finta
di niente sui social network, qualche imbarazzata ammissione, niente che
somigli a una severa, netta, definitiva condanna politica per le parole
di Calderoli. Lui parla di battuta infelice, e spera di derubricare
così la follia di Treviglio. Come se non ricordassimo le facezie sui
bingobongo o la maglietta su Islam.
Ora, probabilmente, come spesso accade dalle nostre parti, questo
incredibile, inammissibile episodio resterà una bolla estiva, e
purtroppo non avverrà quello che sarebbe il minimo sindacale, e cioè le
dimissioni di Calderoli, quantomeno dal suo incarico di vicepresidente
del Senato, e la sua immediata espulsione dal gruppo e dal partito della
Lega nord.
Le parole più intense e lungimiranti su questa triste vicenda
italiana sono venute proprio da Kyenge che ha invitato la Lega a
guardare il suo fondo oscuro, a fare chiarezza da quale parte voglia
davvero stare, se da quella del richiamo della foresta padana, quella
dei Borghezio e dei Buonanno, o se invece il millantato nuovo corso
intrapreso da Maroni abbia davvero uno straccio di fondamento, ma
inutile illudersi, anzi.
Perché il punto e’ questo ed è duplice. E riguarda la Lega e il nostro Paese.
L’impressione per il partito di Bossi e’, piuttosto, quella di un
rinnovato utilizzo del whistleblow, del fischietto per attivare la base
più rabbiosa e identitaria. Gratta la Lega tecnofighetta, venduta da
Maroni, e ci ritrovi i borborigmi razzisti delle feste, la battutazza
sui terroni, i negri, i culattoni che tanto ci siamo capiti e giù
sghignazzo.
Questo non può più avvenire, basta, chiuso, non è più tollerabile, e
non è un fatto di indignazione tanto al chilo. È un fatto di decenza
minima, di civiltà, di democrazia.
Se i sondaggi che vanno male spingono chi aveva preso la ramazza per
pulire a rinfrescare il peggior armamentario della Lega xenofoba di Boso
e Borghezio significa che vanno tutti trattati alla stessa stregua,
Maroni, Tosi, Zaia, senza distinzione alcuna.
L’altra questione riguarda l’Italia, cioè noi. Che abbiamo tante
grane, forse insolubili, problemi drammatici da affrontare e a volte
voglia di volare via. Ma che sui fondamentali, che riguardano la nostra
vita insieme, il rispetto reciproco, l’idea di un grande paese europeo
che siamo, non possiamo proprio recedere di un millimetro.
Perché lo spread sale e scende, come i cicli economici: il rispetto
di se’ può solo andare peggio, se non si tiene sulle basi. Calderoli via
dalla Lega e dalla vicepresidenza del Senato, se si può e ci si riesce,
non per una faida o una ordalia, ma per quel minimo di amor proprio che
ancora, chissà, ci può salvare. Altrimenti e’ finita, ma davvero.
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