lunedì 15 luglio 2013

Ultimo Orango a Treviglio

Filippo Sensi  
Europa  

Calderoli venga espulso dalla Lega e non sia più vicepresidente del Senato, dopo le dichiarazioni sul ministro Kyenge. Poi si comincia a parlare
In breve, il vicepresidente del Senato alla solita festa leghista paragona il ministro Cecile Kyenge a un orango, avete letto bene. Segue una escalation di vibrate proteste, solidarietà e dure parole di condanna. Intervengono le istituzioni, Palazzo Chigi, la presidente della Camera Boldrini, Grasso e giù così (probabile si fara’ sentire anche il Quirinale). I leghisti, che pure erano stati pelosamente solerti a espellere la bossiana Dolores Valandro per avere auspicato – madre santa – lo stupro di Kyenge su Facebook, fanno finta di niente sui social network, qualche imbarazzata ammissione, niente che somigli a una severa, netta, definitiva condanna politica per le parole di Calderoli. Lui parla di battuta infelice, e spera di derubricare così la follia di Treviglio. Come se non ricordassimo le facezie sui bingobongo o la maglietta su Islam.
Ora, probabilmente, come spesso accade dalle nostre parti, questo incredibile, inammissibile episodio resterà una bolla estiva, e purtroppo non avverrà quello che sarebbe il minimo sindacale, e cioè le dimissioni di Calderoli, quantomeno dal suo incarico di vicepresidente del Senato, e la sua immediata espulsione dal gruppo e dal partito della Lega nord.
Le parole più intense e lungimiranti su questa triste vicenda italiana sono venute proprio da Kyenge che ha invitato la Lega a guardare il suo fondo oscuro, a fare chiarezza da quale parte voglia davvero stare, se da quella del richiamo della foresta padana, quella dei Borghezio e dei Buonanno, o se invece il millantato nuovo corso intrapreso da Maroni abbia davvero uno straccio di fondamento, ma inutile illudersi, anzi.
Perché il punto e’ questo ed è duplice. E riguarda la Lega e il nostro Paese.
L’impressione per il partito di Bossi e’, piuttosto, quella di un rinnovato utilizzo del whistleblow, del fischietto per attivare la base più rabbiosa e identitaria. Gratta la Lega tecnofighetta, venduta da Maroni, e ci ritrovi i borborigmi razzisti delle feste, la battutazza sui terroni, i negri, i culattoni che tanto ci siamo capiti e giù sghignazzo.
Questo non può più avvenire, basta, chiuso, non è più tollerabile, e non è un fatto di indignazione tanto al chilo. È un fatto di decenza minima, di civiltà, di democrazia.
Se i sondaggi che vanno male spingono chi aveva preso la ramazza per pulire a rinfrescare il peggior armamentario della Lega xenofoba di Boso e Borghezio significa che vanno tutti trattati alla stessa stregua, Maroni, Tosi, Zaia, senza distinzione alcuna.
L’altra questione riguarda l’Italia, cioè noi. Che abbiamo tante grane, forse insolubili, problemi drammatici da affrontare e a volte voglia di volare via. Ma che sui fondamentali, che riguardano la nostra vita insieme, il rispetto reciproco, l’idea di un grande paese europeo che siamo, non possiamo proprio recedere di un millimetro.
Perché lo spread sale e scende, come i cicli economici: il rispetto di se’ può solo andare peggio, se non si tiene sulle basi. Calderoli via dalla Lega e dalla vicepresidenza del Senato, se si può e ci si riesce, non per una faida o una ordalia, ma per quel minimo di amor proprio che ancora, chissà, ci può salvare. Altrimenti e’ finita, ma davvero.

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