martedì 23 luglio 2013

Il crollo degli iscritti Dimezzati in sessant’anni

Da Corriere della Sera del 23/07/2013

Il crollo degli iscritti Dimezzati in sessant’anni.
ROMA — Che cosa penseremmo di una città che nel 1955, a dieci anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, accoglie quattro milioni e passa di abitanti e che invece adesso, quando nel cielo non ci sono aerei che bombardano né in strada eserciti che sparano, somma un numero di residenti che supera a stento i due milioni? Penseremmo a un’epidemia di peste come quella del Seicento raccontata da Manzoni nei Promessi sposi? Oppure a un terremoto come quello che nel 1908 distrusse Messina e Reggio? Nulla di tutto questo. Perché in questo caso la «città fantasma» si chiama «Partitopoli». La città degli iscritti ai partiti che sono scappati, prima che dalle urne, da circoli e sezioni.
Nel 1955, quando la popolazione italiana sfiora a malapena i cinquanta milioni di abitanti, gli iscritti alle forze politiche sono 4.247.447. Con un meccanismo di certificazione tale che l’Istituto Cattaneo ha potuto censire financo la singola unità. Non solo. Per raggiungere quella cifra, a dieci anni dalla fine del conflitto mondiale, bastano cinque partiti: il Partito comunista italiano (2.090.006 iscritti), la Dc (1.186.785), i Liberali (147.000), i Repubblicani (53.656) e il Partito socialista (770.000).
Sessant’anni dopo, e siamo agli ultimi dati disponibili, il crollo è evidente a occhio nudo. Nel 2012 il Partito democratico ha messo insieme mezzo milione di iscritti, praticamente la metà di quello che i partiti che gli hanno dato vita (Ds e Margherita) assommavano nel 2007, anno della loro scomparsa. Un partito del 25 per cento che ha duecentomila iscritti in meno di quanti Psi e Psdi, che di voti ne avevano forse meno della metà, ne mettevano insieme nel 1966 (700.694). Il Pdl, invece, è fermo alla cifra del 2011, quella dell’ultimo tesseramento in cui i berlusconiani certificarono l’iscrizione di 1.139.192 italiani alla «creatura» nata dal celeberrimo «predellino» di piazza San Babila. Ma come, la forza della sinistra di macinare iscritti surclassata dal Cavaliere che aveva teorizzato al massimo un partito di plastica? Macché. Basta guardare l’andamento dei dati delle iscrizioni del Pdl. Che dalla cifra di 190.012 del 2005 vola sopra il milione sei anni dopo solo perché — ammette Maurizio Gasparri — «nel 2011 celebrammo i congressi locali». E «coi congressi, si sa, le cifre lievitano». Per cui, accanto agli ultimi aggiornamenti, è meglio ricordare l’unico dato certo sulla somma totale degli iscritti ai partiti italiani, che Luciano Bardi, Piero Ignazi e Oreste Massari citano nel saggio Iscritti, dirigenti ed eletti , pubblicato nel 2007 dall’Università Bocconi Editore: 2.376.285 totali, e cioè la miseria di cinque iscritti ogni cento elettori.
L’emorragia non risparmia nessuno. Se il Partito democratico avesse davvero avuto l’ambizione di mettere insieme le culture del Novecento, allora avrebbe dovuto puntare — come minimo — alla somma dei 1.390.918 e dei 989.708 iscritti che, sia pure in un momento di crisi delle ideologie come quello successivo al crollo del Muro di Berlino, rispettivamente si associavano alla Dc e al Pds nel 1991. Invece niente. Prima del loro canto del cigno, e siamo a sedici anni dopo, Ds e Margherita salutano tutti con 615.414 iscritti i primi e 260 mila la seconda. E dire che sarebbe pure un dato da prendere con le molle, quest’ultimo, visto che Striscia la notizia riuscì a dimostrare che negli elenchi del tesseramento margheritino risultavano qua e là defunti scomparsi da un pezzo. Sia come sia, il «figliolo» a cui danno vita, e cioè il Pd, sulle iscrizioni si dimostrerà calante come un titolo della new economy dopo la bolla speculativa. Tolto il milione di «certificati di fondazione» richiesti nel 2008, si scende a 800 mila nel 2009, a 600 mila nel 2010 e nel 2011, fino ai 500 mila del 2012.
E gli altri? A prendere per buoni i dati dei tesseramenti, la Lega dell’Umberto Bossi in canottiera bianca nel 1994 iscrive 167.650 persone. Di questi nel 2004, col Senatur in ospedale, rimangono 122.576. Oggi il Carroccio vanta 151.696 iscritti, che però nel 2010 erano 182.502. Cade, «ma perché tra i nostri iscritti ci sono precari ed esodati che si pongono anche il problema dei 10 euro della tessera» (è la spiegazione del partito), anche il numero di tesserati di Sel. Dei 40.434 dell’anno del congresso 2010 (ma col congresso, Gasparri dixit, «si sa...»), oggi sono rimasti 32.947. Mentre stranamente più alto, soprattutto se rapportato al numero di voti nelle urne, il numero di quelli che entro il 31 dicembre 2012 si sono presentati a una sezione dell’Udc per chiedere una tessera: 210.346 (il 22% censiti come «anziani», il 52 come «ordinari», il 26 come «giovani»). In ogni caso, ventimila in meno dei 230 mila che nel 2006 avevano in tasca il cartoncino con quel che restava dello Scudocrociato e la firma di Casini e Cesa. Altri ventimila in fuga da quella città fantasma che si chiama «Partitopoli».

Tommaso Labbate

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