martedì 16 luglio 2013

Una settimana difficile


Riccardo Imberti

La settimana che ci sta alle spalle ci ha confermato ancora una volta, semmai ve ne fosse bisogno, di quanta fatica è necessaria per governare il Paese.

Epicentro delle difficoltà è sicuramente la situazione giudiziaria di Berlusconi che impedisce l'attenzione necessaria ai problemi della crisi. Ma c'è dell'altro. La leggerezza con la quale i ministri Alfano e Bonino, hanno trattato situazioni delicatissime quali quelle riferite al rimpatrio forzato della moglie e della figlia del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, Alma Shalabayeva; la richiesta di dimissioni da vice presidente del Senato dell'onorevole Calderoli, a seguito della consueta delicatezza con la quale ha descritto il nostro ministro Cécile Kyenge; infine le dichiarazioni del commissario Bondi, l’uomo incaricato dal governo di mettere ordine alla delicata situazione dell'azienda di Taranto sui casi di tumore riscontrati, che contestano il legame inquinamento-malattie: "tumori per il fumo, non per l’Ilva”.Fatti che insieme danno la misura del clima nel quale si trova ad operare il Presidente Enrico Letta.

Un clima che non promette nulla di buono, non tanto riguardo alla durata del suo governo, ma sulla possibilità che questo esperimento governativo “del fare” riesca a tradurre gli impegni presi in fatti concreti.

Il Partito Democratico sta attraversando una delle fasi più difficili della sua breve storia. Dopo la mancata vittoria alle politiche del febbraio scorso, sembra di assistere ad uno scontro interno inconciliabile e se non sa ritrovare velocemente la bussola politica e una sintesi tra le tante posizioni interne, rischia di deflagrare con conseguenze pesanti per il Paese. Questo comporta una responsabilità politica straordinaria da parte di tutti i propri dirigenti, vecchi e nuovi, facendo attenzione di non fare di tutta l'erba un fascio. Chi ha governato il partito in questi anni porta le maggiori responsabilità e dovrebbe osservare qualche momento di silenzio in più di altri. Ma non pare che questo accada: la prudenza, contrariamente a quanti di noi avevano pensato, non è una dote di Bersani. La fase congressuale rischia di coinvolgere i gruppi parlamentari e indebolire irreparabilmente la coesione necessaria per far fronte all'emergenza del momento. I capigruppo alla camera e al senato in più di un'occasione hanno dimostrato di non essere all'altezza della situazione, dall'elezione del presidente della Repubblica in avanti, fino alla concessione di una sospensione di tre ore chiesta dal Pdl per consentire al partito di Berlusconi di decidere il da farsi sulle vicende processuali del capo. La lettera inviata ai circoli di Zanda e Speranza, nei giorni successivi alla concessione della sospensiva, mi è parsa tardiva, così come tardiva è stata la dichiarazione del segretario Epifani riguardo alle richieste dell'alleato. Ma soprattutto mi è parsa del tutto mancante la valutazione sulle ricadute negative e sui condizionamenti nei confronti della magistratura riguardo alle sentenze che interessano una sola persona.

La reazione del popolo democratico non si è fatta attendere, una reazione che va oltre il gesto in sé e che da un po' di tempo a questa parte si manifesta in maniera sempre più diffusa. Da tempo ormai vado dicendo che vi è una realtà carsica del partito; tante persone che pur confermando il credito con il proprio voto, non manca occasione di esprimere un dissenso marcato rispetto al gruppo dirigente.

In un quadro così complicato nessuno può pensare di farcela da solo. Si tratta di ricostruire un tessuto sfilacciato e c'è bisogno di un segnale forte di rinnovamento della classe dirigente. Certo non è mai accaduto che il ricambio della politica sia avvenuto in modo indolore (spesso ci si richiama alla metafora dei tacchini e del natale), ma la maturità di un gruppo dirigente sta anche nel cogliere i segnali che vengono dai cittadini. Questi segnali si stanno manifestando sempre più rumorosamente, chiedono più coraggio e un cambio di passo sulle scelte necessarie per superare la crisi, chiedono in maniera sempre più forte, facce nuove, un partito leggero, che sappia liberarsi delle oligarchie e delle incrostazioni che non gli permettono di aprirsi alla società e capace di ricostruire insieme, un paese normale, fatto di responsabilità diffuse e di vera partecipazione. Il dibattito sulle regole di questi giorni vanno nel segno opposto. Leggendo i giornali di queste ore pare che il vecchio resista e il nuovo fatichi ad emergere, mi auguro che il buonsenso prevalga sulle schermaglie fastidiose che nascondono spesso la conservazione e la tutela di privilegi e rendite di posizione.






3 commenti:

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  2. Faccio quattro esempi applicativi:

    a. Il Sindaco Del Bono, come già tempestivamente suggerito da Mario Fappani all’indomani dell’elezione, non dovrebbe “strutturare” una commissione di esperti che, invece di fornirgli singolarmente un parere qualificato, potrebbe diventare un organismo spurio di intralcio per la Giunta e il Consiglio, oltre che disturbare l’indirizzo di lavoro dei dirigenti responsabili dei diversi settori dell’amministrazione. Ben più importante sarebbe il metodo del dialogo periodico con le rappresentanze delle associazioni e delle istituzioni civili e religiose della città. Senza dimenticare quel 20% della popolazione venuta dall’esterno che non ha potuto votare. Al di là del dialogo nei quartieri, anche le varie componenti della comunità cittadina sarebbero sollecitate alla formulazione di pensieri e di proposte costruttive.

    b. “Famiglia cristiana” e l’“Eco di Bergamo” – vedi l’articolo di Giovagnoli sul blog – “hanno evidenziato l’ipocrisia di chi continua a separare radicalmente fede e politica. È infatti palesemente insostenibile che, alla luce delle parole pronunciate dal papa a Lampedusa, sia indifferente se ai figli degli immigrati verrà concessa o meno la cittadinanza, se saranno riformati i Centri di identificazione ed espulsione, se a Lampedusa continueranno a mancare strutture adeguate per accogliere migliaia di disperati… Tra i cattolici, l’insistenza sulla “sorpresa” di papa Francesco sta diventando il modo più frequente per non prendere veramente posizione. C’è intanto tra loro chi cerca la via di mezzo, respingendo le critiche a papa Francesco ma senza trarne conseguenze concrete e senza prendere le distanze dai politici che respingono il suo appello. Dopo il viaggio a Lampedusa, però, appaiono decisamente poco credibili i tentativi di mediare tra le scelte del sacerdote e del levita che passano indifferenti e quelle del buon samaritano che soccorre l’uomo mezzo morto ai margini della strada. Sono problemi che investono oggi anche l’episcopato italiano, cui il papa ha rivolto qualche mese fa parole esigenti e rigorose, affidandogli esplicitamente la responsabilità di affrontare i problemi posti dalla politica italiana”.

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  3. c. Alla ricerca della partecipazione nel partito. Dice Michele Serra nell’articolo su La Repubblica postato sul blog: “E non per caso l’aspetto più debole — e più ridicolo, francamente — del movimento di Grillo e Casaleggio è quello che affida al web una specie di palingenesi politica, e di reincarnazione della democrazia, che fa impallidire, per ingenuità, il mito della “futura umanità” forgiata “nei campi e nelle officine”.
    Direi che un buon criterio, di qui in avanti, per provare a dire “qualcosa di sinistra”, e per capire se qualcuno sta dicendo davvero “qualcosa di sinistra”, sia valutare, sempre, se e quanto questa cosa contiene il proposito, e magari la capacità, di incidere nel futuro, anche un piccolo pezzo di futuro, e di immaginarlo più equo, e migliore”.

    d. Leonardo Benevolo ha dedicato a Gervasio Pagani una riflessione oggi postata sul blog: “Mi sono chiesto spesso come lui avrebbe reagito agli avvenimenti che si affollano nell'ultimo decennio: … il tramonto dei partiti tradizionali, il nuovo quadro politico ed economico, l'incertezza del futuro. A noi spettano altri compiti, in un quadro ben diverso: i soggetti politici non sono più accertati, ma piuttosto da inventare; le parole d'ordine - destra, sinistra, progresso, conservazione - sono diventate problematiche; l'orizzonte delle previsioni si è accorciato, e viene a mancare la stabilità politico-amministrativa, necessaria a condurre ogni lavoro a lunga scadenza. Fra le virtù occorrenti al tempo di Gervasio, alcune servono ancora e altre no. La generosità è utile, ma l'ottimismo conduce in molti casi fuori strada”.
    … “Serve più che mai la lucidità, e persino la diffidenza. Nella massa di parole e immagini che abbiamo intorno - centuplicata da dieci anni a questa parte - bisogna saper discriminare severamente. I risultati del lavoro sul campo (penso soprattutto alla pianificazione del territorio e all'assistenza per i deboli) non servono a convalidare i programmi politici esistenti, ma piuttosto a prepararne altri possibili nel futuro”.

    Franco Gheza

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