l'amano tutti, tranne i suoi compagni di partito
Famiglia Cristiana
A
dar retta ai sondaggi Matteo Renzi somiglia molto al Figaro del
Barbiere di Siviglia: «Tutti mi chiedono, tutti mi vogliono...». Il 59
per cento degli elettori del Pd lo vorrebbe segretario, è primo nella
classifica dei politici in cui gli italiani hanno pìù fiducia ed è
persino il politico ideale per andare in vacanza.
Insomma, sindaco, l'amano tutti, tranne i suoi compagni di partito.
«Diciamo che c'è il 100 per cento della mía famiglia che vorrebbe
andare un po' in vacanza. Quanto ai sondaggi, fotografano un momento. Da
alcuni mesi le cose stanno andando bene attorno a me, a pensarci però è
bizzarro perché non ho un ruolo di politica nazionale. Forse gli
italiani chiedono alla politica un cambio netto. Il Pd deve scegliere se
limitarsi a partecipare o provare a vincere. Che poi it candidato sia
Renzi o un altro non importa».
Quando annuncerà la sua discesa in campo?
«Vediamo se cambiano di nuovo te regole e soprattutto se verrà
rispettata la scadenza, prevista dallo Statuto, di fissare la data del
congresso entro il 7 novembre. Comunque se ne parla a settembre, non
prima».
Da cittadino è contento del Governo Letta? Che giudizio dà?
«Ormai siamo entrati in un circolo vizioso mediatico, anche per mia
responsabilità, in cui sembra che l'unico problema dí Renzi sia Enrico
Letta. Da italiano spero che ce la faccia. Ma siccome ogni volta che
apro bocca si alza un polverone, mi riprometto dí tacere. Spero che il
Governo faccia qualcosa, non do le pagelle».
È evidente però che tra
lei e Letta c'è una divergenza. Il premier ha bisogno (e spera) di
durare, lei di bruciare le tappe e andare presto alle elezioni.
«La
voce del verbo durare non è adatta per un Governo, un Governo deve fare.
In Italia ormai si è dato un messaggio per cuí sembra che l'unica cosa
che conta è se il Governo dura. lo spero che il Governo faccia qualcosa.
È evidente che se fa, durerà. Questo Esecutivo così strano, Sinistra e
Destra insieme, può durare solo se è ín equilibrio. Se sta fermo casca».
Anche Napolitano vuole che duri.
«Noi facciamo tutti il tifo perché il Governo faccia».
È più facile cambiare il Paese o il Pd?
«La mia impressione è che se non cambia il Pd non cambia neanche il
Paese. Oggi il Centrodestra è distratto da altre questioni, Grillo ha
perso l'occasione della vita, resta solo il Pd. Se fa te cose per bene
l'Italia torna a crescere, se parla solo di sé stesso e dette divisioni
non va da nessuna parte».
Ha mai pensato di lasciare il Pd?
«No.
Come utilità personale mi avrebbe fatto molto più comodo andare via e
fare un partito personale. Ma io non credo a questo modo di lavorare, di
partítí politici personali in Italia ce ne sono già troppi. La vera
sfida è avere due schieramenti, uno di Destra e uno di Sinistra, dove ci
si confronta, anche duramente, ma nel rispetto reciproco».
C'è qualcuno che nel suo partito tifa perché sia la magistratura a togliere di mezzo Berlusconi?
«Sicuramente sì, ma non è questo il punto. Difficile immaginare quello
che potrà accadere dopo il 30 luglio (quando la Cassazione emetterà la
sentenza sulla sua condanna per forde fiscale, ndr). lo mi limito a fare
un passo indietro. Nel febbraio scorso il Pd aveva l'occasione per
mandare in pensione Berlusconi e l'ha clamorosamente mancata».
Perché?
«Lo chieda a Pier Luigi Bersani: ha fatto una campagna elettorale che è
stata la migliore alleata del Cavaliere, consentendogli di tornare in
auge».
Domani lei è premier. Qual è la prima misura che prende per contrastare la disoccupazione giovanile?
«Non c'è una misura specifica, c'è da semplificare un Paese per
consentire alle imprese di assumere. Sono anni che si discute solo
sull'articolo 18 e sulla libertà di licenziare, il problema è che in
Italia manca la libertà dí assumere. C'è un sistema del lavoro che non
funziona, a partire dalla burocrazia eccessiva per cui uno che vuole
aprire un'impresa si trova ostaggio di procedure allucinanti, c'è un
fisco che ti chiede due terzi di quello che guadagni tra tassazione
diretta e indiretta. Non è un'economia normale. C'è poi da cambiare il
sistema della formazione professionale, gli incentivi alle piccole e
medie imprese, un sistema di credito che va sostenuto dando garanzie
alle banche tramite la Cassa depositi e prestiti. Ce ne sono tante dí
misure da prendere. Quello però che manca è l'idea che l'Italia ce la
possa fare. Mi piace molto un'immagine che utilizzavo ai tempi degli
scout: il cielo all'orizzonte comincia rasoterra. Questo significa che
le grandi cose partono dalle piccole. La disoccupazione giovanile non si
vince, specie al Sud, con una promessa dello Stato ad assumere (Io
Stato ha già assunto tanto), ma consentendo alla libera iniziativa
privata di lavorare senza avere contro la burocrazia».
L'articolo 18 va abolito?
«Diciamo che non è all'ordine del giorno. La Destra chiede di abolirlo
perché può dire di aver semplificato; la Sinistra chiede di tenerlo
perché così può dire di difendere i lavoratori. I partiti e i sindacati
sono gli unici a non avere più di 15 dipendenti! Se tu vuoi incentivare
il lavoro non parli della difesa di una parte solo dei lavoratori e non
dici che quello è il principale problema per cui la gente non investe.
In Italia non investe più nessuno perché non è un Paese semplice.
Prendiamo Michelangelo».
Che c'entra Michelangelo?
«A chi gli
chiese se fosse stato difficile scolpire il David rispose che gli era
bastato solo togliere il marmo in eccesso. Allo stesso modo oggi
l'Italia è già pronta a tornare a volare. Va solo tolto il marmo della
burocrazia, dei costi eccessivi della politica, di un sistema rancoroso
della rendita».
Per lei cosa significa essere di sinistra?
«Cambiare le cose nella logica dell'equità e tenendo insieme talento e
carità. Sogno una Sinistra dove il talento e la carità, il merito e il
welfare, si prendono per mano. La Sinistra è cambiamento, non
conservazione».
Lei ha scritto che «i politici che si richiamano
alla tradizione cattolica sono spesso propensi a porsi come custodi di
una visione etica molto rigida». La sua fede cristiana quanto conta, se
conta, nel suo fare politica?
«La mia fede arricchisce tutto quello
che faccio perché credo nella risurrezione. Da cattolico impegnato in
politica non mi vergogno della mia appartenenza religiosa. Al contempo,
non rispondo al mio vescovo o alla gerarchia religiosa ma ai cittadini
che mi hanno eletto. Per me questa è la laicità. Sui temi etici e morali
io sono per un confronto, purché si abbia l'onestà intellettuale di non
scivolare in un moralismo senza morale».
Un politico cattolico quando va al Governo è chiamato non solo a dialogare ma anche a decidere su questi temi.
«È vero, ma è anche il frutto della visione degli ultimi dieci anni
dove sembra che tutto l'impegno dei cattolici in politica sia
riconducibile soltanto ai temi etici. Quando dico che una certa politica
all'interno delle gerarchie non ha fatto il bene della politica
italiana mi riferisco all'atteggiamento avuto da una parte della
Conferenza episcopale italiana, che ha ridotto tutto il dibattito
all'interno del mondo politico cattolico alle sole questioni etiche. Non
si trovano più, per esempio, le parrocchie dove si fanno scuole di
formazione politica. Io ne avrei avuto bisogno, ma purtroppo non l'ho
avuta e mi dispiace tanto».
Il reato di immigrazione clandestina va abolito?
«Sì. L'immigrazione è uno dei temi sul quale la distanza tra la società
e la politica è enorme. Mentre questa faceva la Bossi-Fini la società
"produceva" invece Balotelli ed El Shaarawy come coppia d'attacco della
Nazionale. Generazioni di persone che si sono stabilizzate nel nostro
Paese hanno dimostrato di essere lontane dalle visioni ideologiche della
Bossi-Fini e dal razzismo di certi leghisti come Calderoli.
Sull'immigrazione negli ultimi anni si è giocato molto sulle fobie degli
italiani, oggi vedo un clima diverso. Da questo punto di vista la
visita di papa Francesco a Lampedusa è stato un gesto bellissimo, anche
se non è stato quello che mi ha più colpito. Credo molto nelle sue
riforme, lo lor per esempio lo chiuderei».
Cosa le è piaciuto di più?
«Il fatto che Bergoglio mette al centro di tutto la relazione del
pastore con il suo popolo, per cui chiede di essere benedetto all'inizio
del mandato. E poi insiste molto sul fatto che l'incontro con Cristo è
un incontro di gioia».
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