mercoledì 17 luglio 2013

Ma dicano perché


Quelli che … fino alla metà di aprile, cioè a dopo il governo non fatto e il disastro delle candidature presidenziali, erano stati bersaniani di ferro sembra abbiano quasi tutti cambiato idea. Smottano, giorno dopo giorno, e travolgono tutte le loro precedenti incrollabili, persino, proterve certezze. Hanno, ovviamente, il diritto di cambiare idea; ma quanto la stanno cambiando! Infatti, chi non è cambiato, tranne qualche punta aggiuntiva di critica, spesso meritata, ai dirigenti del Pd, e un po’ di nervosismo, è Matteo Renzi. Vuole conquistare il partito e poi, ma della sequenza non v’è certezza, salire a Palazzo Chigi.
Tentare è un suo diritto. In quanto iscritto, ha anche diritto a chiedere che si fissino date e si scrivano regole non contro di lui, quelle regole che proprio i dirigenti che smottano avevano, non proprio sapientemente, ma manipolatoriamente, scritte contro di lui, in special modo, per il ballottaggio, e contro i suoi parlamentari, fra Natale e San Silvestro. Se Renzi non è cambiato e non ha neppure emanato proclami eclatanti su che tipo di partito costruirà (quello che c’è, preferito dai bersaniani, dalemiani, franceschiniani, non va), su che tipo di alleanze cercherà, su che tipo di politiche governative attuerà, è evidentissimo che sono molto cambiati coloro che furono gli esponenti di vertice delle correnti sopracitate, in particolare, qui in Emilia-Romagna, dei bersaniani.
Cambiare idea (in questi tempi, in cui molti fanno riferimento agli animali, si potrebbe anche dire «cambiare cavallo») è lecito. Se il cavallo di prima ha perso e non lo si può rimettere in pista, è giusto, persino obbligatorio, scegliere un altro, migliore cavallo, magari più giovane. Quello che, invece, è sicuramente meno lecito, ma soprattutto preoccupante e deplorevole, è non sentire la minima necessità di giustificare la propria scelta di passare armi e bagagli sul carro guidato da Renzi.
È un carro che appare già piuttosto affollato: renziani della prima ora, dirigenti in carriera, opportunisti, e così via, poiché immagino non verrà praticata nessuna politica di respingimenti. La «giustificazione» da chiedere ai nuovi arrivati è, in effetti, un doppio chiarimento: 1) potete dire perché avete sbagliato a sostenere Bersani senza se e senza ma? Assumetevi, comunque, anche le vostre responsabilità; 2) potete spiegare perché l’odiato Renzi, ampiamente insultato come infiltrato quasi berlusconiano e cercatore di voti di destra, vi è improvvisamente diventato così simpatico e attraente?
Lo smottamento cospicuo del gruppo dirigente del Pd dell’Emilia-Romagna, siamo soltanto in attesa di parole univoche espresse dal segretario regionale Bonaccini e dal Governatore della Regione Errani, rischia di essere solo un riposizionamento. Il Pd ha bisogno di molto di più. Vale a dire che dovrebbe aprire, non soltanto qui, dove è particolarmente forte e particolarmente smottante, un dibattito vero, aperto e conflittuale quel che serve, sul tipo di organizzazione, a cominciare da quella proposta, se già c’è, da Renzi, che servirà nei prossimi anni per rappresentare e governare. Il resto sono quasi esclusivamente riposizionamenti del ceto politico ex-comunista e ex- democristiano che abbiamo già visto e che non (ci) sono piaciuti.
Corriere di Bologna  17 luglio 2013

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