martedì 2 luglio 2013

guardare al mondo e alla pace ci aiuta...


Riccardo Imberti

Questi sono giorni di fibrillazione per la politica. In un tempo in cui la comunicazione avviene in tempo reale, siamo inondati da notizie che vanno dalla politica nazionale a quella internazionale e diventa difficile, almeno per me, mettere a fuoco un'idea progettuale che sappia coniugare l'ispirazione con la proposta. Credo che vi sia la necessità di riflettere ancora qualche giorno prima di esprimere pareri sul quadro nazionale, non tanto per le “minacce” di Mario Monti, quando perchè si chiarisca il quadro dentro il Partito Democratico e si capisca quanto le condanne a Berlusconi siano sopportate dagli ayatollah del pdl.

In questa pausa “nazionale” ho scelto di esprimere alcune modeste considerazioni, sul quadro internazionale.
Qualche tempo fa l'Associazione Gervasio Pagani ebbe la fortuna di invitare ad un incontro a Coccaglio, Abuna Ibraim Faltas, Francescano della Custodia di Terrasanta, una serata indimenticabile sia per le parole introduttive di don Fabio Corazzina, che per la provocante comunicazione di padre Ibraim.
Erano i giorni delle primavere arabe e essendo Ibraim un egiziano, disse senza mezzi termini che quello che stava avvenendo in Egitto era il preludio per l'ascesa al potere dei Fratelli Musulmani appoggiati dai Salafiti e quindi, il risultato sarebbe stato l'islamizzazione di quel Paese. Ricordo che in quell'occasione non pochi dei presenti contestarono questa sua versione dei fatti, io stesso dimostrai delle perplessità. Oggi quelle parole si sono dimostrate profetiche. Ciò che sta accadendo in questi giorni in Egitto rivela quanta verità era contenuta in quella comunicazione,al tempo stesso, quanta distanza vi era tra la nostra lettura dei fatti mediorientali e ciò che effettivamente stava accadendo.
In questi giorni il nostro presidente del consiglio Enrico Letta sta in visita in Israele e Palestina; la politica estera italiana è da tempo che tace e va a ruota degli Stati Uniti e dell'Europa. Mi auguro che Letta sappia rilanciare il ruolo del nostro Paese in quell'area così complicata e difficile. Sappia cioè dimostrare di scegliere la pace. La nostra storia ce lo consentirebbe (questa maggioranza probabilmente no).
Letta lo sa, lavorare per la pace, significa rilanciare i colloqui tra arabi e israeliani e riprendere quel processo interrotto, con l'assassinio di Rabin; lavorare per la pace significa indicare una strada possibile per definire l'assetto di quell'area, mettere fine all'arroganza israeliana degli insediamenti e dell'ampliamento del muro; lavorare per la pace significa dare una risposta al popolo palestinese che ha il diritto di avere un proprio stato ma soprattutto la propria libertà.
Non è un'impresa facile e anche questo Letta sa, ma sa anche che il conflitto Mediorientale ci riguarda, perchè mette a dura prova l'area Mediterranea, un'area che ha sempre rappresentato per il nostro Paese un bacino di relazioni culturali politiche ed economiche di grande interesse. A me basterebbe che alcuni impegni il governo Italiano li prendesse con Abu Mazen, che si prestasse a favorire un percorso di dialogo che resta la strada maestra per ogni soluzione in quel difficile contesto.
Chi come me, ha occasione di frequentare quei luoghi, vive sulla propria pelle la sofferenza di un popolo che è relegato in una grande prigione a cielo aperto. Spesso immagino quanto valore abbia per noi vivere in un continente, l'Europa, nel quale si viaggia senza confini e senza muri. Essendo figlio di una storia fatta di lotte per la libertà e per i diritti umani, sento forte la necessità che il nostro Paese, l'Europa, si spenda di più e con maggiore determinazione per dare una soluzione accettabile al popolo Palestinese.

Nessun commento:

Posta un commento