Se si frantuma la destra priva del capo di Arcore cade uno dei
pilastri della Seconda repubblica. Un problema per il Pd che Renzi ha in
testa
E se l’acqua sporca di Berlusconi si portasse via il bambino del bipolarismo?
Poiché tout se tient, d’altra parte sarebbe persino logico:
un sistema politico non più dominato dalla figura del Cavaliere
significherebbe il venir meno di uno dei due pilastri della Seconda
repubblica (e lasciamo qui stare che il secondo – l’Ulivo, l’Unione, il
centrosinistra, il Pd – è sempre parso traballare). Per cui addio
bipolarismo.
Sì, c’è aria di proporzionale. Ma di proporzionale vero. Senza premio
di maggioranza. A rischio-ghigliottina da parte della corte
costituzionale, come vedremo.
Comunque il processo politico in atto segnala rischi di frantumazione
e incertezza di leadership, tentazioni neocentriste, grandi ritorni del
“professionismo politico” ed evidenti tentazioni trasformistiche.
È la politica, bellezza, si dirà. Ed è un fatto che, comunque vada a
finire la guerriglia di questi giorni, si sia messo in moto un movimento
tellurico che mina l’assolutismo berlusconiano. Molti segni confermano,
in questo quadro, che il sistema politico della Seconda repubblica ha i
mesi contati.
Partiamo dalla legge elettorale. «Se la Corte, che però deve ancora
esprimersi sulla ammissibilità del ricorso, dovesse far venire meno il
premio di maggioranza il sistema bipolare tenderebbe a sgretolarsi,
questo è certo», dice il costituzionalista Augusto Barbera. Il 3
dicembre inizia l’esame della questione, la decisione – se ci sarà: il
ricorso potrebbe essere dichiarato inammissibile – per fine gennaio.
La commissione Affari costituzionali del senato ha iniziato a
discutere. Ma il punto di mediazione finale quale sarà? La proposta dei
“saggi” – mutuata da Violante: proporzionale e eventuale ballottaggio
fra i primi due blocchi per ottenere la maggioranza – potrebbe prendere
la strada del cestino perché presuppone, come ogni sistema a doppio
turno, due grandi partiti o coalizioni: ipotesi negata dall’avvento di
un “clima” neo-proporzionalista. Per paradosso, il maieuta dei “saggi”,
Gaetano Quagliariello, viene indicato oggi come uno dei capi di un nuovo
partito centrista che sorgerebbe dalle ceneri del Pdl, e dunque in
conflitto con la sua cultura maggioritaria.
Viene dunque non difficile immaginare un sistema politico formato da
tanti partiti e partitini, come ai bei tempi – solo che allora a modo
suo funzionava la conventio ad excludendum che in un modo o
nell’altro garantiva una governabilità costruita attorno al “sole” della
Dc. Tutt’al più ci sarebbe lo sbarramento a impedire l’ingresso in
parlamento di formazione troppo piccole. Ma la mentalità del sistema
cambierebbe. Non più uno contro l’altro, ma tutti contro tutti.
Il frantumarsi della destra conseguente al superamento di fatto della
centralità assoluta di Berlusconi implicherà la fine del bipolarismo, o
dei conati di bipolarismo. «È vero che Berlusconi ha saputo unire la
destra ma ne è stato un pilastro anomalo, “l’incidente” del bipolarismo.
Lo ha fatto nascere ma lo ha anche avvelenato», spiega Barbera.
Potremmo essere alla vigilia di un mutamento non solo politico ma di
sistema. In cui potrebbero aprirsi spazi persino per la formazione di
gruppi e partiti di destra-destra. E ovviamente di centro. Di vario
tipo. Il grande magma cattolico-tecnocratico-industriale, dopo il
sostanziale fallimento del montismo politico, dell’esaurimento dell’Udc e
del mai avvenuto compiersi dell’ipotesi montezemoliana, è alla ricerca
di una nuova Cosa. L’afflusso di sangue di matrice ciellina potrebbe
rappresentare quel toccasana in grado di dare vigore ad una nuova
creatura centrista e non per caso in questo frangente si stanno muovendo
potenti forze sia di matrice economica che religiose: Oltretevere si
guarda con interesse al processo di progressiva disgregazione del
berlusconismo.
Oggi la cosa si vede a occhio nudo: era vero che da quella parte il
tutto e il contrario di tutto – socialisti e neofascisti, leghisti e
potentati meridionali, liberali e teocon – si tenevano insieme grazie al
collante formidabile del superleader di Arcore. Tutto finito, o sul
punto di finire. Liberi tutti.
Il problema cade sulla testa del Pd, dove peraltro allignano da
sempre quelle diverse “sensibilità” – le avrebbe definite Togliatti –
affezionate al modello proporzionalista che in queste ore sono state
super-attive nell’affastellare voti parlamentari intorno al governo
Letta.
Ma l’altro grande filone democratico, la dorsale
ulivismo-prodismo-veltronismo-renzismo, cioè la teorizzazione
progressista della democrazia bipolare, dell’alternanza nel segno di una
politica più legata alla limpidezza del racconto politico ostile
bizantinismi della politique politicienne, che fine fa? La
domanda si pone, e non riguarda certo una questione di filosofia
politica ma il cuore della sensibilità istituzionale del probabile
leader del Pd che nel suo dna ha la cultura del sindaco d’Italia e un
respiro persino bipartitico. Come si muoverebbe, Renzi, in un quadro
neo-proporzionale nel quale probablmente riprenderebbero vigore spinte e
controspinte del variegato e allegro mondo della sinistra italiana?
Domande che sono sullo sfondo, oggi, mentre la battaglia non è affatto
conclusa. Ma vanno tenute a mente, per il domani.
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