L'Italicum può funzionare, e soprattutto diventa una promessa agli
elettori mantenuta: un risultato che resterà, molto oltre alcune
polverose polemiche.
Con la prudenza da applicare a un percorso appena avviato, c’è
da dire che il risultato ottenuto da Matteo Renzi nelle ultime
settantadue ore è straordinario.
Probabilmente il contesto era maturo e lo stallo non più sostenibile:
fatto sta che il segretario del Pd sta riuscendo, cosa rara, a
mantenere un impegno preso con gli elettori pur dovendosi muovere in un
fittissimo ginepraio politico. Questa coerenza e concretezza, insieme
alla centralità conquistata al Pd e dal Pd, conterà molto più del
dissenso emerso ieri.
È vero che gli italiani non mangiano riforme istituzionali, ma
apprezzeranno la rapidità con la quale viene rimosso un macigno che
ostacolava il buon funzionamento della politica, rallentava le decisioni
di governo, confermava l’idea che i partiti non sono capaci di
autoriformarsi. Questo aspetto positivo oscurerà la polverosa polemica
sul “dialogo col nemico”, proposta domenica in termini quasi reazionari
da Eugenio Scalfari: del vertice Renzi-Berlusconi, in assenza di foto
ricordo, resterà nella memoria solo l’esito (il che comprende il
rischio, mai da scartare, che Berlusconi possa far saltare il tavolo
anche stavolta: ne avrà il tempo e le occasioni).
Il sistema che prende forma può funzionare. Grazie al doppio turno di
coalizione è vicino a quel modello “sindaco d’Italia” col quale Renzi
era entrato nella partita e che anche a noi era sembrato a un certo punto probabile.
Si possono vedere due punti di criticità. Uno riguarda la soglia
minima per accedere al premio di maggioranza al primo turno: una volta
introdotto il ballottaggio si potrebbe in effetti elevarla al 40 per
cento, riducendo l’impatto del premio.
Il secondo riguarda le due riforme costituzionali: per quanto ampio
possa essere oggi l’accordo fra i partiti, i tempi di approvazione sono
talmente lunghi e l’ostruzionismo lobbista talmente forte da legittimare
il timore di impantanamento.
In parlamento si riaffacceranno altri temi, dal conflitto d’interessi
all’inopinata questione delle preferenze, che non sono mai state
proposte dal Pd prima di diventare la trincea di una parte della
minoranza. Quest’ultima vicenda più che all’efficacia del sistema
elettorale rinvia ai timori che Renzi possa completare la conquista del
Pd modellando un gruppo dirigente e parlamentare su misura.
Può darsi che il rischio ci sia. Nel caso però non nascerebbe da
qualche furbata del sistema elettorale, bensì dalla forza politica e dal
capitale di credibilità e leadership che Matteo Renzi sta accumulando
in queste ore ben oltre ogni previsione.
Nessun commento:
Posta un commento