Tutti dicono che il vertice Letta-Renzi è andato bene, e sarà vero.
Ma è chiaro che il segretario del Pd si sottrae al ripetuto tentativo
di stringerlo al destino del governo.
Le fonti di palazzo Chigi ne hanno parlato molto, in termini di
grande soddisfazione. Anche le fonti renziane spillano messaggi
rassicuranti sull’incontro di ieri mattina, parlando di governo che non
rischia e del tanto lavoro che c’è da fare insieme. Ma è impossibile
sottrarsi a un’impressione: e cioè che Enrico Letta abbia molta più
voglia e bisogno di stringere a sé il segretario democratico, come se le
loro sorti fossero davvero fuse, di quanto Matteo Renzi abbia voglia e
bisogno di farsi avviluppare in questo destino comune.
I messaggi non verbali sono chiarissimi, a cominciare dal
cortocircuito che ha mandato in tilt tante redazioni: il rinvio
unilaterale del vertice sine die e poi l’incontro in orario
proibitivo per cronisti e telecamere. Se volete capirla: Renzi
improvvisa la propria agenda, costringe perfino il presidente del
consiglio ad adeguarvisi, non si offre per photo opportunities che richiamino antiche liturgie.
Analogamente, sui contenuti: l’incontro di ieri sarà andato bene come
si dice, ma alla fine della giornata che cosa si sa in più sugli
impegni assunti dal segretario Pd?
Il mantra che il governo non rischia data ormai da mesi e verrà
ripetuto dai democratici fino all’ultimo minuto prima di qualsiasi
crisi. Altro non c’è. Sulla riforma elettorale ogni opzione rimane
aperta (col borsino orientato verso il Mattarellum corretto);
le mosse di Renzi nella prossima settimana saranno tutte sul fronte
parlamentare, con le proposte in materia istituzionale offerte al vaglio
di ogni interlocutore ben oltre i confini di maggioranza; infine, non
c’è segno né motivo di credere che il Pd voglia fare marcia indietro su
unioni civili e immigrazione, per quanto Alfano possa soffrirne.
Quanto all’economia e al lavoro, nessuno spin cancella l’evidenza: il Jobs Act
di Renzi, comunque lo si giudichi, è una creatura di Renzi, con un
orizzonte temporale e politico che non c’entra nulla con l’attuale
coalizione, più simile a una piattaforma di scontro elettorale che non a
un pacchetto di proposte da mediare dentro uno degli attuali consigli
dei ministri.
Tutto questo non per dire che le elezioni a maggio siano oggi più
probabili. Lo sono né più né meno di ieri e l’altroieri. Soltanto per
dare corpo e conferma a una frase di Renzi riferita a Letta e Alfano che
faremo bene a ricordare sempre: «Io non sarò mai come loro».
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