La finestra sul cortile
Ferruccio de Bortoli
Corriere della Sera
Un discorso franco, usando il linguaggio della verità, è necessario.
Possiamo rallegrarci che l’emergenza del debito sovrano si sia
interrotta e i tassi d’interesse siano tornati nell’alveo della
normalità. I sintomi sono scomparsi. La malattia no. I segnali di
ripresa si moltiplicano, qualche investimento estero c’è, ma
l’occupazione potrà riprendere solo in presenza di una nuova fase di
sviluppo duraturo. Una finestra di opportunità si è aperta davanti a
noi. Sfruttiamola, sperando non sia solo una finestra sul cortile
indisciplinato di casa nostra.
Una classe dirigente di buon senso
(non parlo unicamente della politica) dovrebbe comprenderne
l’importanza e agire di conseguenza. Non è così purtroppo. Scampato il
pericolo, è costume nazionale rimuoverne le cause. Un riflesso atavico,
irrazionale. La legge di Stabilità si è appesantita in Parlamento di tre
miliardi di euro: più tasse che tagli. Categorie e lobby varie,
compresi gli imprenditori - che appaiono ferrei antistatalisti soltanto
in noiosi convegni - non si sono staccati un attimo dalle mammelle
avvizzite della spesa pubblica. Un comportamento compulsivo che disegna
perfettamente il carattere nazionale: il difetto è dell’altro, sempre.
Il proprio specchio riflette un’immagine di comodo. Il tempo non scade
mai, la proroga è certa. Se vi è ancora una classe dirigente
responsabile, questo è il momento di guardare in faccia la realtà
spazzando via spiegazioni autoassolutorie sull’Europa e sull’euro.
Vogliamo perdere un altro anno
sulla strada impervia del risanamento, della ripresa e delle riforme?
No. E allora diciamo a chiare lettere che l’ipotesi di tornare alle urne
in primavera è semplicemente improponibile. E anche l’idea che vi possa
essere un cambio in corsa tra Letta e Renzi non è priva di costi
sistemici: si dovrebbe ricominciare tutto daccapo. E di tempo il Paese
non ne ha più. L’attuale esecutivo è timido, a volte pasticcione e
inconcludente. Ma merita una nuova, ultima apertura di credito. Si dia
però una mossa, abbia coraggio, aggredisca spesa e debito, privatizzi,
liberalizzi, sulla spinta del nuovo corso renziano del Pd. E qui va
fissato un altro punto. Se l’opposizione più dura viene dal partito che
esprime il presidente del Consiglio non si va molto lontani.
Perché il 2014 è un anno decisivo?
Cercherò di descriverlo con una metafora ciclistica. L’Italia è
rientrata nel gruppo di testa grazie a molti e iniqui sacrifici e a
spinte invisibili (la Bce di Draghi, la liquidità della Fed), ma è in
debito di ossigeno (le riforme). La strada per ora è in discesa (i tassi
bassi); gli altri possono rifocillarsi (crescono più di noi); noi no e
in più abbiamo una bicicletta pesante (la pressione fiscale). Senza
l’ossigeno delle riforme e le vitamine della crescita arriveremo
stremati alla prossima salita (anche dei tassi, prevista per il 2015) e,
inesorabilmente staccati, saremo considerati dal gruppo non più
recuperabili. Tutti giudicheranno insopportabile il peso dell’alto
debito e si coalizzeranno contro di noi (vendendo i nostri titoli com’è
accaduto nel 2011). Il default non è il ritiro, per fortuna, ma la
borraccia di salvataggio è umiliante e amara. Soprattutto per famiglie e
imprese.
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