giovedì 9 gennaio 2014

Jobs act, primi sì e primi dubbi

Redazione Europa 
 

Il segretario del Pd lascia aperta la porta a proposte e critiche. I dubbi del ministro Giovannini. Bonanni (Cisl) favorevole, ok da Orfini «ma con almeno tre punti da chiarire»
E le prime risposte non si fanno attendere. Favorevole quella del segretario Cisl Bonanni e di Matteo Orfini (con qualche punto da rivedere, sottolinea l’esponente del Giovani turchi del Pd), un po’ meno quella del ministro del lavoro, Enrico Giovannini: «Non è nuova, ma va dettagliata meglio». Anche perché, precisa, «prevede investimenti consistenti».
«In passato – ricorda Giovannini – vi sono state due proposte contrapposte: una dei professori Boeri e Garibaldi nella quale l’azienda può più facilmente interrompere un rapporto di lavoro all’inizio attraverso un indennizzo monetario, per poi invece (con il passare degli anni lavorati) tornare per il lavoratore a una situazione standard, quella protetta dall’articolo 18; una proposta invece del professore Ichino in cui  l’articolo 18 entra in campo solo dopo molti anni. Quindi bisogna  capire di cosa si sta parlando».
Favorevole il giudizio di Bonanni: « La misura sulla quale sono maggiormente d’accordo è quella che consente di riassumere attraverso un contratto di lavoro tante altre persone, a partire dalle false partite Iva che di solito sono usate per pagare meno la gente».
Un’apertura positiva arriva da Matteo Orfini che parla di «impianto condivisibile che non è solo giuslavoristico. Si parla a 360 gradi di come si crea lavoro». In particolare le proposte «sull’aumento della tassazione delle rendite, sulla diminuzione
dei costi dell’energia, e i capitoli che Renzi definisce piani industriali e di settore. Bisogna però vedere quando si passa dai titoli alle misure se si va nella direzione giusta», sottolinea. Almeno tre, per Orfini, sono i punti da chiarire: quello sugli ammortizzatori («Non si capisce come
verrebbe coperto l’assegno di disoccupazione e come si interfaccia» con le altre forme di tutela), quello dei diritti («La malattia e la maternità dovrebbero ad esempio valere per qualsiasi contratto») e quello sulle risorse. «Se i piani industriali sono senza risorse – spiega –, sono inutili, se le hanno allora bisogna capire dove si trovano. Sono convinto che il problema si risolva passando dal 2,5 al 2,8 per cento nel rapporto deficit/Pil nel 2014, o comunque cambiano i parametri che abbiamo fissato nella legge di stabilità».
Sulle proposte di Renzi interviene anche Pietro Ichino, senatore di Scelta Civica, che parla di «direzione giusta», anche se «vedo però che c’è una frenata rispetto ai tempi inizialmente prospettati per le riforme e quindi una carenza di tempestività per gli interventi necessari». Secondo il giuslavorista  è indispensabile «aprire il paese agli investimenti stranieri verso i quali è ermeticamente chiuso. E per rilanciare l’economia e l’occupazione è indispensabile tagliare la spesa pubblica non produttiva, migliorare i tempi della giustizia, diminuire il costo dell’energia, semplificare la legislazione».

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