Abolire il senato, come chiede Renzi? Le reazioni dei Cinquestelle
parlano da sole: c'è chi vuole abolire la camera, chi vorrebbe mantenere
il bicameralismo, chi aspetta il responso della Rete
Per ora, per ragioni di tempo, il lavoro di Matteo Renzi è
riuscito a metà. Il primo scopo del nuovo segretario del Partito
democratico era di tornare a dettare l’agenda del dibattito pubblico.
Grazie alla scelta di giocare a tutto campo, parlando con tutti, e in
contropiede rispetto ai tempi della politica (come si è visto ieri, 2
gennaio) Renzi sta centrando il primo obiettivo. Su legge elettorale,
riforma del senato, sforamento del patto di stabilità europeo ieri tutto
il mondo politico è dovuto intervenire sulle idee lanciate dal
segretario del Pd. A breve, potrebbe succedere anche sulla riforma del
mercato del lavoro.
La mossa renziana è servita anche a svelare il bluff del Movimento 5 stelle. In un’intervista al Fatto quotidiano
il leader dem ha sfidato i parlamentari dell’M5S a votare l’abolizione
del senato così com’è e la sua trasformazione in camere delle autonomie,
quindi non elettiva, quindi molto meno costosa, con un risparmio che si
stima vicino al miliardo. Come racconta Francesco Maesano su Europa
le reazioni parlano da sole. Tra i parlamentari cinquestelle c’è chi
vorrebbe abolire la camera e non il senato, chi vorrebbe mantenere
entrambe le camere così come sono, chi dice che si deve aspettare il
responso della Rete e chi dice che con Renzi non si parla ma non spiega
perché.
Insomma, come già successo sulle province, il passaggio dalle parole
ai fatti si rivela un problema per un movimento molto più preoccupato di
parlare all’opinione pubblica fuori dall’aula che di risolvere i problemi dentro.
Renzi riconosce che non tutti gli “onorevoli cittadini” sono uguali,
che alcuni hanno buone intenzioni e stanno imparando il mestiere. È un
modo per sfidarli sul loro terreno, un’apertura di credito tattica per
costringerli a scoprire le carte sui temi a loro più cari e sui quali
anche il Pd si gioca un bel pezzo di consenso elettorale.
Poi, naturalmente, nemmeno a Renzi può bastare la capacità di dettare
l’agenda. La disillusione dei cittadini verso la politica è così
radicata e la crisi sociale così profonda che non basta
l’effetto-annuncio. Lui è il primo a saperlo e, a giudicare da queste
ore, ha fretta di dimostrarlo.
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