Renzi si gioca tanto, ma il suo è l'unico modo per riuscire laddove
partiti e parlamento per anni hanno fallito. Dove sono i limiti della
trattativa con Berlusconi?
È vero, Matteo Renzi si gioca in queste ore un bel pezzo di carriera politica.
La scelta di incontrare Berlusconi è già una prova di carattere. La
decisione di farlo nella sede del Pd suona di sfida a quel che resta di
antiberlusconismo a sinistra. Infine, l’aver dato al vertice il valore
di momento decisivo dell’intera trattativa sulla legge elettorale («se
vedo Berlusconi è per chiudere») sa di azzardo, soprattutto se l’esito
dovesse essere positivo e definitivo.
Ci troviamo davanti a un dilemma che Renzi, per carattere e per il
modo di intendere la politica, non considera tale: tutti pensiamo che
sia importante e urgente avere una buona legge elettorale, e che sia
giusto votarla insieme a una parte delle opposizioni; ma siamo resi
dubbiosi dall’esperienza traumatica delle trattative con Berlusconi e
dall’idea che, per quanto fragili e non eterni, i patti con gli alleati
vadano rispettati.
Renzi non si fa fermare da questi dubbi. È importante però che si
capisca una cosa: il segretario del Pd non gioca una partita personale.
Forza la mano perché ritiene che questo sia l’unico modo per l’intero sistema politico
di arrivare a una soluzione fin qui mancata. E che tocchi a lui, fresco
dell’investitura delle primarie. Francamente, quel che i partiti e il
parlamento negli ultimi anni (non) sono riusciti a fare gli dà ragione, e
dà torto a chi anche nel Pd sta alzando le ultime barricate.
Ecco perché è scorretto agitare oggi il fantasma del diavolo
Berlusconi. Il problema da porre è esclusivamente politico: col capo di
Forza Italia ci si può spingere solo fin dove lo consentono la buona
qualità della soluzione tecnica trovata e l’entità del consenso delle
altre forze. Del resto, come abbiamo già scritto,
per quanto sia provocatoria e ostruzionistica la resistenza alla
riforma opposta dai neo-proporzionalisti d’ogni partito, Renzi sarebbe
un avventuriero se puntasse a un patto esclusivo coi forzisti.
Il compromesso che soddisfa un po’ tutti potrebbe passare attraverso
una minima dilazione temporale (che in prima battuta Renzi rigetta),
come prova della non volontà di non precipitarsi subito alle elezioni.
Sempre che non finisca invece con l’estremo opposto: cioè con una
rottura con Berlusconi e un più facile accordo con tutti gli altri.
Esito che, se non altro, farebbe passare il segretario Pd per il
vendicatore dei suoi sfortunati predecessori.
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