giovedì 23 gennaio 2014

Gennaio

Marco Damilano  

Blog Finemondo 21 gennaio 2014

Gennaio è il più freddo dei mesi ma per la politica italiana è il periodo più bollente, quello in cui maturano le svolte epocali della politica italiana. Il 26 gennaio di venti anni fa, nel 1994, Silvio Berlusconi con un videomessaggio fondò Forza Italia. E il 18 gennaio, com’è stato ricordato, finì ufficialmente la Dc, con la nascita dei Popolari di Mino Martinazzoli e di Franco Marini e del piccolo Ccd di Pier Ferdinando Casini e di Clemente Mastella, destinato ad accasarsi nel nuovo partito berlusconiano: nella stessa data, nel 1919, il prete siciliano don Luigi Sturzo aveva fondato il Partito popolare italiano.
Il 31 gennaio 1991 si aprì a Rimini il primo congresso del Pds, settanta anni dopo la nascita del Pci. Il 21 gennaio, come oggi: esattamente 93 anni fa. Nel 1921 delegati comunisti abbandonarono il Teatro Goldoni cantando l’Internazionale e si ritrovarono al Teatro San Marco. Non c’erano neppure le sedie, era stato un deposito durante la prima guerra mondiale, pioveva dentro la sala dalle finestre e dal tetto. Oggi le scissioni avvengono senza cantare, senza un popolo di delegati, al caldo di un ufficio. Ma all’epoca fu più uno scisma che una scissione: dal carattere teologico prima che politico, di una politica novecentesca che era appartenenza totale, coinvolgeva la vita, la carne e il sangue.
Chissà se annunciando proprio in questa giornata particolare le sue dimissioni da presidente del Pd Gianni Cuperlo avrà pensato a Livorno e allo scissionista Amadeo Bordiga. “Mi dimetto perché sono colpito e allarmato da una concezione del partito e del confronto al suo interno che non può piegare verso l’omologazione, di linguaggio e pensiero. Mi dimetto perché voglio bene al Pd e voglio impegnarmi a rafforzare al suo interno idee e valori di quella sinistra ripensata senza la quale questo partito semplicemente cesserebbe di essere”, scrive Cuperlo. Non è l’annuncio di una scissione, ma di un grave disagio sì. L’anticipo di quello che potrebbe succedere nella prossima settimana, quando la legge elettorale arriverà nell’aula di Montecitorio e si voterà anche a scrutinio segreto. Cosa succederà se l’Italicum di Renzi andrà sotto? I nemici di Renzi potranno dire che il segretario scintillante di ieri alla direzione del Pd, una rapsodia in blu di volontà, determinazione, rapidità di esecuzione, in realtà non controlla i suoi gruppi parlamentari ed è destinato ad affondare nella palude, come tutti i suoi predecessori. Nella commissione Affari costituzionali si è già vista qualche avvisaglia. Ma sarebbe un errore di valutazione vedere la minoranza interna di oggi in continuità con gli scissionisti di Livorno di quasi un secolo fa. Oggi il movimento, la rivoluzione permanente, il vento è tutto dall’altra parte.

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