lunedì 7 novembre 2016

Leopolda/3. Datemi un pizzicotto


Claudio Velardi
Che strana sensazione. Leggendo i giornali stamattina, mi sono convinto che la Leopolda me la sono sognata. Eppure mi sento raffreddato per la pioggia che evidentemente ho sognato di aver preso a Firenze; la bilancia dice che sono ingrassato un chilo per le troppe ribollite; e ancora ricordo il discorso di Renzi, proprio come se lo avessi ascoltato. Addirittura – sempre in sogno, naturalmente – mi ero appuntato quelli che pensavo fossero i tre punti-chiave del suo intervento.
Per esempio il primo, che mi era piaciuto molto. Renzi diceva, a un certo punto: “Guardate che noi abbiamo solo cavalcato l’onda”. Intendendo dire una cosa essenziale: siamo arrivati al governo perché abbiamo intercettato la protesta montante dell’opinione pubblica contro quelli che c’erano prima. Forse ci siamo arrivati presto. Forse ancora impreparati. Ma abbiamo dovuto farlo, altrimenti l’onda avrebbe travolto tutti. Ecco, questa mi era sembrata un’affermazione responsabile e intelligente, che spiegava tante cose. In sogno pensavo che qualche commentatore capace avrebbe potuto ragionarci su, per spiegare lo stato di necessità vissuto in questi due anni. Per dire, uno bravo come Giovanni Orsina sulla Stampa, che invece stamattina se la prende con il caratteraccio di Renzi.
Poi Renzi ricordava che, una volta al governo, questa nuova classe dirigente si era messa al lavoro facendo un po’ di cose buone, e ne parlava diffusamente. Ora andava ammodernato il sistema con la riforma della Costituzione: un cambiamento cui si opponevano – legittimamente – quelli di prima. Così arrivava alla frase centrale del discorso, pronunciata con grande enfasi: “Il referendum non è tra due Italie, ma tra due gruppi dirigenti”. Una cosa piuttosto banale: in sogno mi sembrava così vero che a dire No sono tutti quelli lì (vi risparmio l’elenco). E che, quindi, il 4 dicembre fosse chiara la posta in gioco. Non una partita interna al Pd ma tra due modi di vedere l’Italia. “Una sfida tra cinismo e speranza, rabbia e proposta, nostalgia e futuro”. Belle parole: mi dispiace, amici, ma Renzi non le ha mai pronunciate, secondo i giornali.
Infine, parlando ad un pubblico appassionato e foltissimo, ho sognato che il premier diceva: “Io mi fido di voi”. Aggiungendo, grosso modo: “In questo mese mettetevi al lavoro, costruite comitati, parlate con la gente comune, etc…”. Concetti che un capo rivolge al suo popolo, sentendosi tranquillo, legittimato, forte. E ho sognato che la platea applaudiva caldamente lui, senza inveire contro qualcuno. Malgrado quelli del Pd che – come dire – non lo amano, organizzano comitati per il No, e lo riempiono di insulti ogni giorno.
Anche questo era un sogno, amici. Meno male che stamattina i giornali mi hanno risvegliato raccontandomi la verità. “La platea scatenata: fuori la minoranza Pd”. “Epurazioni da II Repubblica”. “Nel Pd lo spettro della scissione”. “Il capolinea della sinistra”. Renzi, dopo aver spaccato il paese, ora ha spaccato il partito. Ieri a Firenze è finita la sinistra, per mano di un gruppo di invasati. Per fortuna ci sono i giornali a darti il pizzicotto mattutino.

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