sabato 5 novembre 2016

Bersani, ma cosa c’entri tu con il No?


Paolo Virzì
L'Unità 4 novembre 2016
Se il problema attuale dell’Italia è Renzi, che va cacciato, come leggiamo dai molti manifesti che tappezzano Roma, la storia recente ha almeno il merito di aver dimostrato che il PD è un partito contendibile
Onorevole Bersani, dal momento che il testo della riforma per il superamento del bicameralismo paritario sottoposta a referendum sembra solo il minimo sindacale rispetto a quanto auspicato da anni da tanti, lei incluso, e che le obiezioni sembrano concentrarsi su quella che viene ritenuta una gestione personalistica da parte di Renzi, non ritiene – lei che è una persona seria – che, invece di andare a mescolarsi in un’alleanza per il NO che schiera, tra gli altri, anche il peggio della politica italiana, sia appunto più serio provare a dar vita dentro il suo partito ad un progetto alternativo, magari provando a vincere il prossimo congresso?
Se il problema attuale dell’Italia insomma è Renzi, che va cacciato, come leggiamo dai molti manifesti che tappezzano Roma, la storia recente, tra i tanti torti, ha almeno il merito di aver dimostrato che il PD è un partito contendibile, non ha Srl proprietarie, né un dominus che ne incarna l’identità come altri partiti e movimenti in circolazione. Vorrei riuscire a trasmetterle, senza animosità, la sensazione di chi osserva dall’esterno e che non riesce a non vedere nel suo NO – ed in quello di altri valorosi dirigenti delle stagioni passate – qualcosa di strettamente intrecciato ad un risentimento personale, psicologico, sentimentale, qualcosa di umanamente accettabile e perfino di nobile, ma non politico.
Assistiamo insomma ad una specie di “fatwa” – nel merito della quale non mi azzardo nemmeno ad entrare – contro l’attuale segretario del partito nonché presidente del Consiglio, ritenuto con tutta evidenza indegno: moralmente, esteticamente, politicamente, culturalmente. Un corpo estraneo, che altererebbe il Dna del Pd per perseguire un proprio personale progetto. Ma se così fosse allora non ci sarebbe da lavorare subito, proprio dentro quella che lei chiama “la ditta”, ad un progetto alternativo, che abbia le carte in regola per affermarsi e candidarsi a guidare l’Italia? Non le pare che chi come lei voleva dare “un senso a questa storia”, cioè a quella della sinistra riformista, rischi altrimenti di smarrire per sempre il senso del proprio agire politico?
La saluto rispettosamente e la ringrazio per l’attenzione.
PS Visto che oggi poi ci divertiamo a dir la nostra, come i matti mitomani che dalla propria tastiera elargiscono preziosi consigli al mondo, mi permetterei anche di consigliare a Renzi, altrettanto rispettosamente, di dimettersi prima del 4 dicembre, per sgombrare del tutto dall’arena politica il sentimento improprio di un referendum sulla sua persona. Se ci si dovrà esprimere sull’operato di Renzi e del suo governo l’appuntamento sarà semmai alle prossime elezioni politiche, che è dal 2013 che ci auguriamo abbiano luogo al più presto.

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