martedì 15 novembre 2016

I noisti vogliono il proporzionale perché preferiscono l’inciucio


Fabrizio Rondolino
L'unità 15 novembre 2016
Il populismo si sconfigge con la buona politica, cioè con l’alternanza di governo.
Alla variegata e variopinta armata che sostiene il No al referendum di dicembre si rimprovera, fra le altre cose, di non proporre alcuna alternativa praticabile – o, il che è lo stesso, di proporne troppe e tutte diverse tra loro – e, soprattutto, di avere in comune un unico obiettivo, che peraltro non è oggetto di voto: fare la pelle a Renzi.
In realtà, c’è un altro elemento fondamentale che unifica il fronte del No, e che è destinato a pesare nel futuro politico del Paese persino in caso di vittoria del Sì: il ritorno al proporzionale.
Proporzionale “alla spagnola” è la proposta di riforma elettorale depositata dal Movimento 5 stelle; proporzionali sono le proposte che vengono dalla minoranza del Pd e dalla sinistra radicale; per il proporzionale si è schierato – a sopresa ma non troppo – addirittura Silvio Berlusconi, il cui merito storico, da tutti riconosciuto, è l’“invenzione” del bipolarismo maggioritario.
Il nesso riforma-Italicum può dunque considerarsi valido in entrambe le direzioni, ma in un significato più profondo, più strategico: l’approvazione della riforma istituzionale consolida un sistema politico fondato sull’alternanza, cioè sulla possibilità di avere governi e maggioranze politiche omogenee scelte direttamente dagli elettori (il che naturalmente non significa che l’Italicum non possa essere cambiato).
Al contrario, la conservazione dell’assetto esistente porta con sé la restaurazione di un sistema politico in cui le scelte si spostano dagli elettori alle segreterie dei partiti. O meglio: agli elettori è riservata la rappresentanza, maggiore con un sistema proporzionale, ma soltanto ai partiti spetta la governabilità.
Il vero argomento a favore del proporzionale, come ha candidamente e sinceramente spiegato Eugenio Scalfari domenica scorsa, è impedire che il M5s vinca le prossime elezioni: poiché in Italia, come nel resto del mondo, ci sono i barbari alle porte, gli altri che barbari non sono – tutti gli altri – devono fare fronte comune.
E’ accaduto in Germania e, seppur molto più faticosamente, in Spagna, e potrebbe accadere l’anno prossimo in Francia: perché non anche in Italia?
Ma se davvero così stanno le cose, a me pare che ci sia un motivo in più per votare Sì.
La rappresentanza proporzionale e il governo di coalizione non sono in sé un male, ci mancherebbe: ma rischiano di diventarlo quando vengono piegati alla necessità di salvarsi dai barbari. L’antipolitica – qualunque cosa significhi questo termine – non si sconfigge alzando un muro fortificato a protezione dell’establishment di sinistra e di destra: si sconfigge con la buona politica. E l’ossigeno della buona politica è l’alternanza, cioè la possibilità di avere alla guide del Paese un governo scelto dagli elettori, politicamente omogeneo, responsabile delle proprie azioni e delle proprie scelte.
Altro che “deriva autoritaria”: l’alternativa è fra una democrazia che funziona e un sistema politico bloccato; fra il potere degli elettori e quello dei partiti o dei loro simulacri; fra l’apertura e la chiusura: in una parola, fra la responsabilità e l’inciucio.

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