Editoriali
La Stampa 26/09/2013
La notizia ha dell’incredibile. Le
dimissioni in massa di tutti i parlamentari del Partito della Libertà,
se la Giunta del Senato dovesse votare per la decadenza del leader del
centrodestra, Silvio Berlusconi, da palazzo Madama, in un momento così
difficile per le sorti del Paese, annunciano una prova di
irresponsabilità istituzionale, prima ancora che politica, davvero
sconcertante.
Il giorno dopo le assicurazioni di Alfano al presidente
della Repubblica, proprio mentre il premier Letta parla all’Onu e alla
comunità finanziaria internazionale per convincere gli interlocutori
dell’Italia sulla nostra stabilità politica, quando i conti pubblici
sono tornati a rischio e i casi Telecom e Alitalia manifestano la grave
crisi del nostro sistema produttivo, il dramma personale del leader del
centrodestra rischia di portare l’Italia in una situazione di vero caos
parlamentare, politico e istituzionale, con conseguenze economiche e
finanziarie del tutto imprevedibili.
L’impressione è che la tragedia di un uomo, passato dagli
onori della ribalta internazionale e dalla percezione di un successo
imprenditoriale e politico straordinario e destinato a non finire mai
nel consenso della maggioranza degli italiani, alla prospettiva di un
arresto e, magari, del carcere sotto un diluvio crescente di accuse,
abbia tolto a Berlusconi quella lucidità che gli aveva consentito sempre
di calcolare, con molta accortezza, le conseguenze di ogni sua mossa.
In questo tunnel di disperazione spinto, per giunta, da un manipolo di
ultrà che non vedono il loro futuro politico e anche personale se non
asserragliati intorno a lui, in una furibonda e inutile guerriglia
contro chiunque non lo aizzi a iniziative sempre più incontrollate e
controproducenti. Nella sostanziale incapacità dei molti e più avveduti
suoi parlamentari di avere il coraggio di sottrarsi a un rassegnato e
vile accodamento alle assurde proposte avanzate da tali ultrà.
Eppure, l’annuncio delle dimissioni in massa apre uno
scenario tanto evidente quanto preoccupante. Mira, infatti, a impedire o
a rendere drammatico il voto dell’assemblea al Senato per la ratifica
della decisione della Giunta e a superare anche il verdetto della Corte
d’Appello di Milano sull’interdizione di Berlusconi dai pubblici uffici
previsto per metà ottobre. Dal momento che si tratta di una nuova
sentenza, infatti, i suoi legali potrebbero ancora fare ricorso in
Cassazione e, così, rinviare di alcuni mesi l’espulsione del leader del
Pdl da palazzo Madama. Lo scontro istituzionale, giudiziario e politico
non potrebbe, naturalmente, non travolgere il governo, ma l’illusione di
Berlusconi, alimentata da quella disperata corte di ultrà, di ottenere
subito le elezioni anticipate sarebbe sicuramente frustrata da altre e
ben più gravi dimissioni, quelle già annunciate di Napolitano. Con il
risultato che il nuovo presidente della Repubblica sarebbe eletto non da
un nuovo Parlamento, ma dall’attuale. Un futuro che non sembra davvero
più rassicurante per Berlusconi e più promettente per il centrodestra
italiano.
Al di là di una contabilità miserevole sulle convenienze
personali e politiche, però, quello che davvero stupisce è la distanza
tra la comprensione di una fase molto delicata del Paese e l’annuncio di
una mossa così irresponsabile. L’Italia è al bivio tra un destino di
decadenza produttiva ormai drammatica, con il rischio di una crisi
finanziaria che porterebbe a nuovi, pesanti sacrifici per tutti i
cittadini, e la speranza di agganciare una pur flebile ripresa
internazionale. Una situazione che richiederebbe, davvero, comportamenti
adeguati alla gravità del momento da parte di tutta la classe politica.
Non è difficile prevedere quale sarebbe l’accoglienza della maggioranza
degli italiani, compresi molti elettori moderati, nei confronti di una
così sconsiderata iniziativa dei parlamentari Pdl. Basterebbe
domandarlo, peraltro, a quelle 500 donne, in coda su una strada di
Genova, per il sogno di acchiappare uno dei tre posti di commessa che un
negozio ha messo in palio.
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