lunedì 30 settembre 2013

la politica italiana nel tunnel


Riccardo Imberti

dopo aver titolato, l'editoriale scorso, settimana terribile, pensando ai tanti nodi che il governo si trovava a dover affrontare, credevo,  che seppur con fatica, il governo delle larghe intese, riuscisse in qualche modo a passare la strettoia. 
Non è stato così.
Il condannato ha dato l'ordine e i sudditi lo hanno eseguito, senza se e senza ma. Ha preso la scusa dell'aumento dell'IVA, cosa di cui ne porta la respondabilità,  per coprire il vero problema: la sua decadenza da senatore e la ineleggibilità. Ormai lo sanno anche i sassi: il vero problema sono i processi in arrivo.
Il PD a questo punto si trova di fronte a un bivio e le strade possibili sono ambedue complicate e difficili. Scegliere di continuare l'esperienza delle larghe intese; oppure, chiedere il voto di fiducia in parlamento e accontentarsi di raccogliere qui e là, dissidenti di varia estrazione, per tirare a campare. Letta è deciso a chiedere la fiducia, ma non è disposto a vivacchiare: tradotto, significa che non è interessato alla seconda ipotesi. Come dargli torto. Con i problemi gravissimi che vive il nostro Paese, come è possibile immaginare che un governo con una maggioranza risicata possa farvi fronte?
Letta in queste ore, ha smesso i panni del mediatore e attaccato il condannato, ha affondato la lama nel corpo molle del PDL, richiamando tutti alle proprie responsabilità.  Non è mancato ovviamente, il parere del “leader maximo”, che non ha fatto altro che ripetere il ritornello di questi mesi: se ci sarà la crisi e non vi saranno alternative di governo, neppure per fare la riforma elettorale, si vada al voto e si sospenda la fase congressuale. Per Dalema si dovranno fare le primarie per la leadership e non per la segreteria del PD.
In effetti, c'è da dire, che in una situazione così drammatica, è difficile immaginare di celebrare un congresso. Difficile, ma non impossibile. Io resto del parere che non sia auspicabile che, in una situazione come la nostra, si congeli la classe dirigente che ha gestito il partito in questi quattro anni con i risultati che abbiamo sotto gli occhi e procedere con la scelta del premier, rischiando di ripetere ciò che è avvenuto con il governo Prodi. Mi pare una scelta altamente rischiosa.
Che fare allora?
Alle 16 di mercoledì, il Presidente Letta interverrà al senato e chiederà la fiducia. Se non la ricevesse, tutto tornerà nelle mani di Napolitano e a quel punto ne sapremo di più, riguardo i tempi della soluzione della crisi, o dello scioglimento delle camere e delle elezioni anticipate.
Certamente mi auguro che il PD non ricerchi soluzioni pasticciate, elemosinando voti in parlamento, facendo appello alle frange di dissidenti, salvo, se possibile, per fare la riforma elettorale condivisa. Una riforma indispensabile, per evitare che la Corte Costituzionale sentenzi la incostituzionalità del porcellum, e al tempo stesso una riforma, che restituisca il potere ai cittadini nella scelta dei parlamentari e consenta la governabilità.
Spero di sbagliarmi, ma se, come penso, i parlamentari e i ministri del PDL non torneranno sui loro passi, non vedo altre strade se non un ritorno alle urne.
Il PD è oggi più di ieri, chiamato a guidare questa fase di estrema difficoltà e delicatezza e per queste ragioni, è auspicabile che proceda speditamente alla elezione di una nuova classe dirigente, che gli consenta affrontare la situazione data, libera da orpelli e liturgie del passato. Un partito che in questi mesi, non solo non ha ritenuto opportuno prendere provvedimenti contro i 101 franchi tiratori che hanno impallinato Prodi, ma che ha cercato in tutti i modi, senza riuscirci, di cambiare le regole per impedire il rinnovamento, come può essere in grado di far fronte a una fase come questa?
Queste sono le domande che mi pongo in queste ore difficili. La politica è l'arte del possibile e non è scontato nulla,  anche l'ennesimo ripensamento del condannato e dei suoi sudditi.
Di una cosa però sono convinto. Questo Paese non è in grado di sopportare oltre misura, una situazione di così grave difficoltà e ciò che può capitarci, se restiamo fermi, è di consegnare il Paese ad un populismo che rischierebbe di stravolgere il sistema. Questo non possiamo permetterlo.

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