lunedì 30 settembre 2013

Il mondo di ieri

Marco Damilano

«Sono venuti a prendermi quasi alla fine del mondo», si presentò il 13 marzo il papa argentino e fu un manifesto programmatico, come quello contenuto nella sua intervista a “Civiltà cattolica”: «Essere profeti a volte può significare fare ruido, non so come dire… La profezia fa rumore, chiasso, qualcuno dice “casino”…». Quella voce in piazza San Pietro sembrò consegnare le cose vecchie al passato e aprire terre e cieli nuovi. La fine di un mondo e l’inizio di un mondo nuovo. Per la politica italiana, invece, è sempre “il mondo di ieri”, come il classico di Stefan Zweig sull’Austria alla vigilia della prima guerra mondiale. Nel mondo di ieri ci sono le larghe intese che si restringono all’improvviso, i voti di fiducia con i transfughi di uno o dell’altro partito da cercare, i comunicati criptici, i minuetti, la faccia feroce in favore di telecamera e le trattative sotto il pelo dell’acqua. Nel mondo di ieri c’è il signore di Arcore che vorremmo nominare sempre di meno e una sinistra sfasciata e incapace di dirsi finalmente la verità sulle cose e se stessa che vorremmo non vedere più. Anche l’ultimo arrivato, l’ex comico che si è fatto rivoluzionario, si è rapidamente adeguato e non vuole più cambiare neppure la legge elettorale. Il mondo di ieri nella settimana che si apre è al colpo di coda finale e perciò più pericoloso, con la dissoluzione del sistema politico o, più modestamente, del partito berlusconiano. «Ogni ombra in fondo è anche figlia della luce e solo chi ha potuto sperimentare tenebra e chiarita, guerra e pace, ascesa e decadenza, può dire di avere veramente vissuto», scriveva Zweig. Per questo da oggi questa conversazione quotidiana si chiamerà Finemondo.

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