Intervista con il priore del monastero di Bose: «Papa Bergoglio
riesce a comunicare la fiducia. Profetico il viaggio a Lampedusa»
Si intitola Le sorprese di Dio. I giorni della rivoluzione di Francesco
il libro in cui Aldo Maria Valli per l’editrice Ancora ripercorre i
primi mesi del pontificato di papa Bergoglio – dall’elezione del 13
marzo alla Giornata della gioventù (23-28 luglio) – analizzando il suo
stile di governo della Chiesa e di testimonianza evangelica al mondo.
Dal volume – in libreria in questi giorni – proponiamo il capitolo
d’apertura, costituito da un dialogo tra Valli e il priore di Bose Enzo
Bianchi.
Allora, caro Enzo, sembra proprio che con Francesco sia cambiata l’aria…
Sì, abbiamo l’impressione di una primavera. Io non dimentico che ho
vissuto una primavera della Chiesa e nella Chiesa quando avevo
vent’anni, con Giovanni XXIII, e vedere adesso un’altra primavera, nella
mia anzianità, mi sembra un dono straordinario. Sono particolarmente
felice di vedere che c’è una primavera per la Chiesa e per le Chiese.
Il monastero di Bose, da te fondato, è luogo ecumenico e da qui
passano rappresentanti di confessioni cristiane diverse. Quali sono oggi
le grandi sfide per i cristiani nel mondo?
Io credo che i cristiani, tutti, abbiano un grande compito: donare
una parola di speranza agli uomini d’oggi. Stiamo vivendo una terribile
crisi di fiducia. Non c’è fiducia tra gli uomini, non c’è fiducia nel
futuro, non c’è fiducia in questa nostra terra, non c’è fiducia nella
necessaria convergenza per la vita della polis. I cristiani possono e
devono aiutare a ritrovare fiducia. Se i cristiani vogliono, possono far
crescere la fiducia ovunque, possono aiutare a uscire dalla sfiducia
che paralizza, per costruire insieme ponti, un mondo nuovo. Gli uomini
d’oggi ne hanno bisogno, più ancora delle esortazioni e degli
insegnamenti di ordine morale. Anche quelli sono importanti, ma vengono
dopo. Prima occorre riprendere la fiducia gli uni negli altri.
E da questo punto di vista sembra che Francesco stia facendo un
gran lavoro. Le persone che partecipano ai suoi incontri se ne vanno con
la serenità nel cuore e sono più disponibili verso gli altri. Francesco
regala letizia e un senso di fraternità…
Sì, Francesco riesce a comunicare la fiducia, o per lo meno così è
sembrato nella prima parte del suo pontificato. Io dico sempre che se un
uomo potesse dire di me, cristiano, che dopo avermi incontrato e avermi
conosciuto ha ricevuto più fiducia e una più forte convinzione che la
vita è un grande dono, questo sarebbe già un risultato decisivo.
Preghiamo per Francesco, per la sua missione, perché continui a donare
fiducia.
Che impressione ti ha fatto il viaggio di Francesco a Lampedusa? Quale il suo significato? E noi l’abbiamo davvero capito?
È stato un gesto profetico. Il primo viaggio apostolico è stato un
pellegrinaggio al santuario degli ultimi, a quel mare che ha inghiottito
migliaia e migliaia di poveri e perseguitati che andavano verso il pane
e una terra di libertà. Il loro sogno ha trovato in quel mare
addirittura il volto di altri uomini che invocavano la possibilità di
respingerli anche con la forza! Che barbarie, a quale discriminazione
siamo giunti noi europei, ma soprattutto noi italiani, gente che ha
conosciuto la stessa condizione di migranti in cerca di pane!
Papa Francesco, anche senza molte parole, ci ha buttato in faccia il nostro egoismo e la nostra indifferenza. Ci ha chiesto: «Voi uomini, dove siete? Qual è la vostra umanizzazione?». Credo che molti di noi si sono sentiti Caino, incapaci non solo di custodire il fratello, ma anche solo di ascoltarne il grido e il lamento. Il viaggio a Lampedusa di Francesco sarà ancora più eloquente in futuro, quando capiremo il male commesso e le nostre omissioni. Per ora non abbiamo ancora compreso fino in fondo questo gesto, non l’abbiamo assimilato in tutta la sua portata, anche se ci pensiamo cristiani.
Papa Francesco, anche senza molte parole, ci ha buttato in faccia il nostro egoismo e la nostra indifferenza. Ci ha chiesto: «Voi uomini, dove siete? Qual è la vostra umanizzazione?». Credo che molti di noi si sono sentiti Caino, incapaci non solo di custodire il fratello, ma anche solo di ascoltarne il grido e il lamento. Il viaggio a Lampedusa di Francesco sarà ancora più eloquente in futuro, quando capiremo il male commesso e le nostre omissioni. Per ora non abbiamo ancora compreso fino in fondo questo gesto, non l’abbiamo assimilato in tutta la sua portata, anche se ci pensiamo cristiani.
Che cosa rispondi a chi dice che Francesco sta eccessivamente desacralizzando il ruolo del papa?
Il ministero di Pietro è essenziale alla Chiesa, e il cattolico lo
crede voluto da Gesù Cristo stesso. Ma la forma dell’esercizio di questo
servizio, come è cambiata dai primi secoli a oggi, così potrà ancora
cambiare. Anzi, deve sempre cercare di mutare, in una dinamica di
riforma, per essere sempre più fedele alla volontà del Signore; deve
cambiare se vuole essere un servizio di comunione per tutte le Chiese
cristiane.
La sacralizzazione è una dinamica religiosa, ma non è detto che sia cristiana: per noi cristiani è il Vangelo che ha il primato, non il sacro. Francesco sta rendendo la figura del papa più umana, più quotidiana, meno ieratica. Proprio per questo a lui, alla sua umanità guardano anche i non cattolici. Si disse di papa Giovanni: «Un cristiano sul trono di Pietro!». Si può dire di Francesco: «Un uomo è successore dell’umile pescatore di Galilea!».
La sacralizzazione è una dinamica religiosa, ma non è detto che sia cristiana: per noi cristiani è il Vangelo che ha il primato, non il sacro. Francesco sta rendendo la figura del papa più umana, più quotidiana, meno ieratica. Proprio per questo a lui, alla sua umanità guardano anche i non cattolici. Si disse di papa Giovanni: «Un cristiano sul trono di Pietro!». Si può dire di Francesco: «Un uomo è successore dell’umile pescatore di Galilea!».
Che impressione ti fa vedere che in Vaticano ci sono due papi? Come dobbiamo leggere questa compresenza?
Sono un cattolico con una forte eredità tridentina. Nell’immediato ho provato un certo disagio, ma ben presto ho capito che questa compresenza non può minare l’autorità di papa Francesco. Ora lui è il solo papa, mentre Benedetto XVI è il vescovo emerito di Roma. Ciò che è decisivo è che tra loro ci sia affetto, riconoscenza, che si ascoltino a vicenda e che chi ora è emerito tenga il posto di emerito da lui scelto: resta sempre vescovo e nel ministero del vescovo c’è innanzitutto l’intercessione.
Sono un cattolico con una forte eredità tridentina. Nell’immediato ho provato un certo disagio, ma ben presto ho capito che questa compresenza non può minare l’autorità di papa Francesco. Ora lui è il solo papa, mentre Benedetto XVI è il vescovo emerito di Roma. Ciò che è decisivo è che tra loro ci sia affetto, riconoscenza, che si ascoltino a vicenda e che chi ora è emerito tenga il posto di emerito da lui scelto: resta sempre vescovo e nel ministero del vescovo c’è innanzitutto l’intercessione.
Francesco riuscirà a portare avanti la sua battaglia per una
Chiesa povera e dei poveri? Da quali nemici deve guardarsi? Quali forze
remano contro?
È difficile dirlo. Ha spiegato che vuole una Chiesa povera, ma la Chiesa cattolica è un’istituzione grandiosa, immensa: non so quanto possa fare un uomo, anche se papa. Il tema della riforma della curia ricorre dal XII secolo in poi e la riforma della Chiesa come istituzione è certamente invocata e a volte anche tentata. Ma la Chiesa non è il regno di Dio: la sua condizione è quella di essere composta anche da peccatori. A me basterebbe che nel tentativo di riforma della Chiesa il papa dicesse con la sua autorità che la fede-fiducia del cristiano e le esigenze del Vangelo vanno poste al di là dell’istituzione temporale ecclesiale in cui si incarna la Chiesa di Cristo.
In questa azione Francesco troverà chi gli rema contro e di fatto ha già trovato dei nemici, in casa propria, che tra un sorriso ipocrita e un pettegolezzo ecclesiastico iniziano a dire che non ha la dottrina del papa precedente, che dice sempre le stesse cose, che non vigila abbastanza sulle sue parole… Ma anche per lui sta scritto: «Guai a voi se tutti dicono bene di voi! Nemici dell’uomo saranno i suoi famigliari, quelli della sua casa!». Queste sono parole di Gesù.
È difficile dirlo. Ha spiegato che vuole una Chiesa povera, ma la Chiesa cattolica è un’istituzione grandiosa, immensa: non so quanto possa fare un uomo, anche se papa. Il tema della riforma della curia ricorre dal XII secolo in poi e la riforma della Chiesa come istituzione è certamente invocata e a volte anche tentata. Ma la Chiesa non è il regno di Dio: la sua condizione è quella di essere composta anche da peccatori. A me basterebbe che nel tentativo di riforma della Chiesa il papa dicesse con la sua autorità che la fede-fiducia del cristiano e le esigenze del Vangelo vanno poste al di là dell’istituzione temporale ecclesiale in cui si incarna la Chiesa di Cristo.
In questa azione Francesco troverà chi gli rema contro e di fatto ha già trovato dei nemici, in casa propria, che tra un sorriso ipocrita e un pettegolezzo ecclesiastico iniziano a dire che non ha la dottrina del papa precedente, che dice sempre le stesse cose, che non vigila abbastanza sulle sue parole… Ma anche per lui sta scritto: «Guai a voi se tutti dicono bene di voi! Nemici dell’uomo saranno i suoi famigliari, quelli della sua casa!». Queste sono parole di Gesù.
Tu come preghi per lui e per la Chiesa?
Fin da piccolo prego ogni sera, prima di coricarmi, per le persone che amo, per chi ho incontrato o sentito nella giornata, per la mia comunità e per le autorità delle Chiese, tra le quali primo è il vescovo successore di Pietro a Roma. Prego perché il Signore gli dia discernimento, forza, coraggio e franchezza, quella franchezza che esige anche di dire all’altro fratello che sta di fronte il male che ha commesso e lo scandalo che ha dato nella Chiesa. La Chiesa ha bisogno di un ristabilimento dell’affidabilità, senza la quale l’evangelizzazione risulta sterile. E continuo a pregare per l’unità visibile delle Chiese, oggi ancora divise! È la volontà del Signore e dunque anche la mia.
Fin da piccolo prego ogni sera, prima di coricarmi, per le persone che amo, per chi ho incontrato o sentito nella giornata, per la mia comunità e per le autorità delle Chiese, tra le quali primo è il vescovo successore di Pietro a Roma. Prego perché il Signore gli dia discernimento, forza, coraggio e franchezza, quella franchezza che esige anche di dire all’altro fratello che sta di fronte il male che ha commesso e lo scandalo che ha dato nella Chiesa. La Chiesa ha bisogno di un ristabilimento dell’affidabilità, senza la quale l’evangelizzazione risulta sterile. E continuo a pregare per l’unità visibile delle Chiese, oggi ancora divise! È la volontà del Signore e dunque anche la mia.
Nessun commento:
Posta un commento