giovedì 12 settembre 2013

Spendere in istruzione conviene

Tullio De Mauro

A Elio Vittorini chi oggi scrive in Italia deve varie cose, per esempio il non fare frasi troppo lunghe. E deve anche un’immagine suggestiva. Quel che uno scrive è sempre “un manoscritto nella bottiglia”. Uno spera che oltre il mare ci sia qualcuno che raccoglie la bottiglia e legge il messaggio.
Il ragioniere dello stato non legge questa rubrichina, ma la leggono i figli e le stagiste che lavorano con lui. E forse gli hanno detto più volte di quei due studiosi, uno statunitense e un coreano, Robert Barro e Jong-Wha Lee, che un paio d’anni fa hanno pubblicato online A new data set of educa­tional attainment in the world, 1950-2010.
Ne risulta tra l’altro che la crescita dei livelli di istruzione, soprattutto mediosuperiore e universitaria, porta a un aumento non solo dei redditi personali ma del prodotto interno lordo dei paesi. Ma, chiede il ragioniere, come mai avviene questo miracolo? Perché aumentano la creatività, il saper essere e il saper fare. Il ragioniere scuote il capo: belle cose, ma difficili da scrivere in un bilancio di previsione. Education at a glance 2013 gli viene incontro con l’indicatore A7 e i suoi calcoli e tabelle.
Nei paesi dell’Ocse i più alti redditi di diplomati e laureati si traducono in maggiori ricavi e contributi fiscali. Nella loro vita di lavoro i maschi rendono agli stati centomila dollari, le donne sessantamila, tre e due volte più della spesa richiesta per istruirli. Il ragioniere prende nota e una volta, se capita, lo dirà ai ministri.
Internazionale, numero 1016, 6 settembre 2013

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