martedì 17 settembre 2013

primarie aperte... strada obbligatoria per il pd



Nicolò Gatta  
 
II congresso Pd tra regole e partecipazione I «rumors» rispetto alle nuove regole per il prossimo congresso democratico sembrano delineare due percorsi differenti rispetto alla selezione della futura classe dirigente. Da una parte primarie aperte per il leader nazionale e dall'altra una consultazione limitata ai soli tesserati per scegliere i segretari provinciali e regionali. In attesa che l'assemblea nazionale assuma delle decisioni pongo una riflessione proprio in riferimento all'abbandono del sistema delle primarie aperte per i «congressi locali». Desta profonda preoccupazione questa scelta di limitare il campo dell'elettorato passivo segnando un'ulteriore distanza tra i cittadini e la politica: sarebbe un grande passo indietro rispetto alla richiesta di partecipazione e confronto, uno sbattere la porta in faccia agli elettori e alla permeabilità di nuove e innovative idee indispensabili per un ricambio (non strettamente generazionale) non più procastinabile. Quello che è accaduto alle ultime elezioni avrebbe dovuto far scattare l'allarme nei dirigenti nazionali, ma l'inevitabile crescita politica delle alternative rappresentate da Matteo Renzi e Pippo Civati ha sortito un effetto opposto, un arroccamento conservativo per arginare il rinnovamento anche a livello locale. Non è un caso poiché è proprio da questo livello che nascono le candidature più importanti, quelle per i parlamentari, per i consiglieri regionali e per i candidati sindaco nei capoluoghi. Insomma un tentativo di salvare il vecchio apparato limitando il potere decisionale al controllo burocratico dei «signori delle tessere». Ma il nostro Partito democratico non era nato anche per rispondere ad una esigenza opposta? Questo tentativo di cambiare le regole mettendo in discussione lo strumento partecipativo delle primarie è la peggiore delle risposte che si possano dare agli elettori ed è ancor più grave perché viene proposto proprio da chi negli ultimi tre anni è riuscito a perdere quasi il quaranta per cento degli iscritti e oltre tre milioni e mezzo di voti alle elezioni politiche. Un colpo di coda che umilia il popolo delle primarie solo per la volontà di azzoppare il rinnovamento salvo poi lamentarsi se la parte più attiva della società non sceglie democratico alle urne: il Pd risulta ad oggi terzo nelle preferenze di alcune classi sociali come gli operai, gli imprenditori e i giovani under40 ma primo tra pensionati e dipendenti statali. Non proprio il profilo di un partito moderno e riformista. Il prossimo congresso non può essere una disputa che incorona solo le correnti più strutturate, dovrebbe essere invece un'occasione di apertura, un esercizio di umiltà di fronte ai grandi errori commessi. Se qualcuno è preoccupato perché intende valorizzare il ruolo di chi si tessera, voglio ricordare che nei diritti di chi fa questa scelta rientra già la possibilità di essere elettorato attivo a tutti i livelli. Non esiste dunque alcun ridimensionamento del ruolo militante nell'indire primarie aperte, anzi sono un momento di orgoglio per tutti i tesserati impegnati che accolgono e si confrontano meglio con la base elettorale, sempre che si organizzino le primarie con ordine e logica, senza sparpagliarle sotto le feste natalizie magari... senza inventarsi albi degli elettori all'ultimo momento magari... Il mio è anche un appello ai parlamentari e ai componenti bresciani dell'assemblea nazionale perché prima del prossimo 20 settembre valutino al meglio quale percorso intraprendere perché non è poi così improbabile essere costretti ad un certo punto ad affrontare strade diverse o molto più semplicemente ad abbandonare la politica attiva con tutte le conseguenze che potete immaginare.

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