Nicolò Gatta
II congresso Pd tra regole e partecipazione
I «rumors» rispetto alle nuove regole per il prossimo congresso democratico
sembrano delineare due percorsi differenti rispetto alla selezione della futura
classe dirigente. Da una parte primarie aperte per il leader nazionale e
dall'altra una consultazione limitata ai soli tesserati per scegliere i
segretari provinciali e regionali. In attesa che l'assemblea nazionale assuma
delle decisioni pongo una riflessione proprio in riferimento all'abbandono del
sistema delle primarie aperte per i «congressi locali». Desta profonda
preoccupazione questa scelta di limitare il campo dell'elettorato passivo
segnando un'ulteriore distanza tra i cittadini e la politica: sarebbe un grande
passo indietro rispetto alla richiesta di partecipazione e confronto, uno
sbattere la porta in faccia agli elettori e alla permeabilità di nuove e
innovative idee indispensabili per un ricambio (non strettamente generazionale)
non più procastinabile. Quello che è accaduto alle ultime elezioni avrebbe
dovuto far scattare l'allarme nei dirigenti nazionali, ma l'inevitabile
crescita politica delle alternative rappresentate da Matteo Renzi e Pippo
Civati ha sortito un effetto opposto, un arroccamento conservativo per arginare
il rinnovamento anche a livello locale. Non è un caso poiché è proprio da
questo livello che nascono le candidature più importanti, quelle per i
parlamentari, per i consiglieri regionali e per i candidati sindaco nei
capoluoghi. Insomma un tentativo di salvare il vecchio apparato limitando il
potere decisionale al controllo burocratico dei «signori delle tessere». Ma il
nostro Partito democratico non era nato anche per rispondere ad una esigenza
opposta? Questo tentativo di cambiare le regole mettendo in discussione lo
strumento partecipativo delle primarie è la peggiore delle risposte che si
possano dare agli elettori ed è ancor più grave perché viene proposto proprio
da chi negli ultimi tre anni è riuscito a perdere quasi il quaranta per cento
degli iscritti e oltre tre milioni e mezzo di voti alle elezioni politiche. Un
colpo di coda che umilia il popolo delle primarie solo per la volontà di
azzoppare il rinnovamento salvo poi lamentarsi se la parte più attiva della
società non sceglie democratico alle urne: il Pd risulta ad oggi terzo nelle
preferenze di alcune classi sociali come gli operai, gli imprenditori e i
giovani under40 ma primo tra pensionati e dipendenti statali. Non proprio il
profilo di un partito moderno e riformista. Il prossimo congresso non può
essere una disputa che incorona solo le correnti più strutturate, dovrebbe
essere invece un'occasione di apertura, un esercizio di umiltà di fronte ai
grandi errori commessi. Se qualcuno è preoccupato perché intende valorizzare il
ruolo di chi si tessera, voglio ricordare che nei diritti di chi fa questa
scelta rientra già la possibilità di essere elettorato attivo a tutti i
livelli. Non esiste dunque alcun ridimensionamento del ruolo militante
nell'indire primarie aperte, anzi sono un momento di orgoglio per tutti i
tesserati impegnati che accolgono e si confrontano meglio con la base
elettorale, sempre che si organizzino le primarie con ordine e logica, senza
sparpagliarle sotto le feste natalizie magari... senza inventarsi albi degli
elettori all'ultimo momento magari... Il mio è anche un appello ai parlamentari
e ai componenti bresciani dell'assemblea nazionale perché prima del prossimo 20
settembre valutino al meglio quale percorso intraprendere perché non è poi così
improbabile essere costretti ad un certo punto ad affrontare strade diverse o
molto più semplicemente ad abbandonare la politica attiva con tutte le
conseguenze che potete immaginare.
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