Renzi ha fatto bene a evocare il tema del civile. Ma pure
l'obbligatorietà dell'azione penale e la terzietà del giudice...
Nel corso del suo intervento all’assemblea lo scorso sabato
Renzi ha evocato, sia pure solo con un accenno, il cruciale tema della
giustizia, richiamando l’esigenza di una profonda riforma del settore
civile.
E ha fatto bene, perché non vi è dubbio che tentare di mettere mano
alle palesi inefficienze organizzative e funzionali della giustizia
civile costituisce una condizione essenziale non solo per tutelare
efficacemente i diritti dei cittadini, ma anche per recuperare
competitività al tessuto economico del paese, che oggi sconta un forte
handicap per l’intollerabile durata dei procedimenti a tutela di crediti
e obbligazioni.
Credo però che sarebbe un errore concentrarsi solo sulla giustizia
civile, e si debba invece raccogliere la sfida lanciata dal presidente
della repubblica, affrontando coraggiosamente e con spirito libero tutti
i nodi e le questioni che riguardano il funzionamento complessivo del
nostro sistema, nessun settore escluso. Ben sapendo che parlare di
giustizia oggi è molto difficile.
Stante la destabilizzazione rappresentata da vent’anni di conflitto
aperto tra il leader del centrodestra e la magistratura. E tuttavia con
la consapevolezza che un partito riformista come il nostro non può
rinunciare ad una libera discussione su questi argomenti, uscendo dalla
tenaglia giustizialismo-berlusconismo nella quale si è impantanata la
politica italiana.
Io credo allora sia doveroso domandarsi se il sistema giudiziario
disegnato dalle norme vigenti sia davvero equilibrato, anche con
riguardo a talune questioni che troppo spesso, soprattutto nel
centrosinistra, sono state eluse o accantonate per non urtare la
suscettibilità di una parte dell’opinione pubblica. Vogliamo allora
cominciare a riconoscere che quello della obbligatorietà dell’azione
penale costituisce un principio nei fatti inapplicabile per la mole di
notizie di reato che nessun sistema, per quanto correttamente
dimensionato, potrebbe mai smaltire?
E ammettere che quel principio, allo stato, è sostanzialmente stato
sostituito da una ampia e incontrollabile discrezionalità delle procure
nella scelta dei reati da perseguire, con l’attribuzione agli uffici
giudiziari di un ruolo improprio e non sufficientemente disciplinato,
che comporta l’obiettivo sacrificio della certezza del diritto?
Allo stesso modo, a me pare che non possano derubricarsi a mere
rivendicazioni di categoria i rilievi critici che da tempo l’avvocatura
italiana formula con riferimento alla effettiva terzietà e indipendenza
del giudice che, nel sistema accusatorio disegnato dal codice, deve
decidere sulle richieste della pubblica accusa, dopo un contraddittorio
con difese che dovrebbero trovarsi, ma non sempre sono, su un piano di
assoluta parità con i pubblici ministeri.
La questione della terzietà del giudice interessa poi in modo non
irrilevante anche il settore della giustizia amministrativa, attesa la
evidente ed inaccettabile osmosi tra uffici giudiziari e gabinetti
ministeriali dei membri del Consiglio di stato, ovvero dei giudici di
ultima istanza sulle controversie tra pubblica amministrazione e
privati, che reca evidente pregiudizio alle garanzie di indipendenza dei
magistrati dalla politica.
Non si può ignorare infine il tema della disciplina inerente la
responsabilità civile dei giudici, da affrontare in modo serio anche
alla luce dei rilievi formulati dalla Commissione europea, che ha aperto
una procedura di infrazione a carico dello stato italiano proprio per
la inadeguatezza dell’attuale normativa, considerata incompatibile con
il diritto comunitario in quanto troppo debole.
Sono temi ovviamente delicatissimi, perché hanno a che fare non solo
con le sacrosante esigenze di tutela della legalità e di salvaguardia
dell’autonomia della magistratura, ma anche con quella altrettanto
importante di garanzia delle libertà personali ed individuali rispetto
al potere costituito e rappresentato nell’ordinamento giudiziario,
esigenze che devono trovare la loro composizione in un equilibrio non
sempre rinvenibile nel sistema attuale.
Confido dunque che il crepuscolo di Berlusconi avvii anche il
tramonto dell’avvelenamento della discussione su tutte queste questioni,
rendendo possibile dentro il Partito democratico, ed in particolar modo
in quello che mi auguro uscirà dal prossimo congresso, un confronto
libero da pregiudizi e posizioni precostituite.
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