martedì 24 settembre 2013

Il calendario è fissato, ora si può ricostruire

Salvatore Vassallo 

Europa   

L’assemblea non ha rinviato niente, anzi i tempi sono molto stretti
E che cambiare unilateralmente le regole quando la partita doveva essere già iniziata, non sarebbe stato solo profondamente scorretto, ma anche impraticabile, per una banale questione di numeri.
Come ad agosto, per piccoli calcoli di breve termine, si è invece proposto di modificare uno degli articoli fondamentali dello statuto – il terzo – in cui è depositata una parte dell’identità del Pd,
nonostante che la questione della non unicità della candidatura del segretario a premier fosse ampiamente risolta da un’altra modifica statutaria, all’articolo 18, su cui c’era un accordo unanime.
Al momento della conta sulla richiesta di votare separatamente l’articolo 3 rispetto alle altre modifiche statutarie, si è capito che i calcoli fatti dai timonieri allo sbando erano completamente sbagliati. Una buona metà dei delegati presenti (non una piccola minoranza) ha votato a favore, cioè contro l’indicazione ribadita quattro volte dalla presidenza per un voto in blocco di tutto il pacchetto. A quel punto l’assemblea è stata sospesa e dopo un paio d’ore dichiarata conclusa.
Ma l’assemblea non è stata affatto inutile. In primo luogo perché quella di non modificare
lo Statuto è una decisione di rilievo pari a quella di modificarlo. In secondo luogo perché un’altra decisione cruciale è stata presa in modo irrevocabile.
L’elezione del nuovo segretario è stata formalmente convocata, fissando la data finale dell’8 dicembre, insieme, dalla presidenza dell’Assemblea e dal segretario pro tempore, e ribadita anche dopo la mancata approvazione delle modifiche statutarie.
Ultimo, ma non meno importante, il confronto è iniziato, con gli interventi dei candidati, in maniera davvero promettente. Cuperlo, Renzi e Civati hanno tre profili diversi, ma rappresentano anime vere e vive del Pd. Parlano ciascuno un linguaggio di cui non possiamo fare a meno. Si parlano e dovrebbero farlo ancora più spesso. A giudicare da quello che hanno detto, ci aiuteranno a svolgere
un congresso fecondo, serio, civile.
Forse anche a lasciare alle nostre spalle vecchi rancori, a far cadere qualche ramo secco, a liberarci di rampicanti parassiti che hanno soffocato la pianta. L’unico rischio è che la «sindrome» si riproponga nella direzione nazionale. Magari sull’onda di balle spaziali che alcuni giornali, non si sa perché, assecondano e di cui si sono fatti convincere, non si sa perché, anche alcuni sinceri sostenitori del cambiamento. L’assemblea non ha rinviato un bel niente.
Quello che si doveva decidere è stato deciso. Se ci sono contraddizioni tra gli “indirizzi” approvati e lo statuto vigente, è ovvio che dovrà prevalere il secondo.
Ma la balla più colossale riguarda i tempi. Nel 2009, trascorsero 25 giorni tra la conclusione delle assemblee di circolo e il voto finale, le cosiddette primarie. Un periodo che potrebbe essere accorciato perché allora c’erano di mezzo anche i congressi regionali che quest’anno si terranno tra gennaio e marzo. Se anche si mantenesse la stessa distanza, le assemblee di circolo dovrebbero concludersi entro il 13 novembre.
Una data del tutto congruente con il termine dell’11 ottobre già fissato dall’Assemblea, per la presentazione delle candidature. Tanto più se si considera che le candidature sono note e in campo già dall’estate.
Semmai i tempi sono insostenibilmente stretti per i congressi provinciali, che fatti nel solo mese di ottobre non favorirebbero affatto la costruzione “dal basso” di una visione condivisa, quanto una concitata competizione, priva di senso politico, per mantenere il controllo sulla macchina.
Inoltre, per l’ispirazione federalista dello statuto, a suo tempo fortemente voluta e poi rivendicata soprattutto dai post-diessini emiliani, gli organi dirigenti nazionali non avrebbero titolo per interrompere il mandato di organi territoriali che scadono nel 2014. In base alla stessa ispirazione federalista (articolo 15), l’elezione degli organi provinciali si dovrebbe svolgere contestualmente a quella degli organi regionali. Sarebbe la scelta migliore, che come minimo va lasciata come opzione alla spesso sbandierata “autonomia dei territori”.
Al termine di un confronto leale sulla linea politica, come quello svolto da Cuperlo, Civati e Renzi nella parte migliore dell’assemblea nazionale dell’altroieri, si potrebbero trovare nuove e inedite convergenze, anche in ambito locale. E cominciare a ricostruire il Pd, dal basso, sperando che la sindrome dell’arroccamento non produca nel frattempo troppe altre macerie.

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