Dopo quattro giorni di dibattiti intensi sul futuro delle
sinistre latinoamericane e sulle sfide che attendono i governi del
continente è sempre Lula a sparigliare il campo e a offrire un punto di
vista originale.
Nella cerimonia inaugurale del XIX° Foro di Sao Paulo (tenutosi dal
31 luglio al 4 agosto proprio nella capitale economica del Brasile) l’ex
presidente segna il dibattito politico e lancia la parola d’ordine
sulla quale costruire l’agenda politica dei prossimi anni. «Dobbiamo
essere più creativi», scandisce davanti a una platea di invitati
internazionali, di dirigenti del Partido dos Trabalhadores, di partiti
fratelli latinoamericani, alcuni di derivazione “bolivariana”, altri
legati alla famiglia socialista e socialdemocratica che sono la
maggioranza.
Di nuova creazione del socialismo in America latina aveva scritto a
lungo Mariategui, ma Lula declina il tema portandolo alle estreme
conseguenze politiche La situazione che vive oggi la sinistra
latinoamericana presenterebbe rischi evidenti: se i partiti del
continente non rinnovano la loro agenda, se non creano un pensiero nuovo
che sia in grado di ridefinire un proprio paradigma post-neoliberista
che sappia rispondere alle nuove esigenze create grazie alle politiche
messe in campo dai governi progressisti del continente, sono destinati
alla sconfitta. Finora hanno saputo operare un salto di qualità
importante, dimostrando al mondo del capitalismo avanzato che solo
coniugando rigore di bilancio con politiche sociali che garantiscano
inclusione, partecipazione e giustizia sociale si può creare sviluppo.
Ma non basta più e questo vale anche per la sinistra europea.
Secondo la visione di Lula, l’Europa sarebbe ormai dominata da
partiti di sinistra progressista che hanno perso il senso della loro
missione storica e che, invece di capire il tempo nuovo e di rinnovare
le proprie agende politiche, hanno preferito adeguarsi alla cultura
neoliberista dominante. L’ex presidente cita l’evoluzione del Pci come
esempio di tutto questo: ogni cambio di nome sarebbe coinciso, a suo
dire, con una svolta a destra delle politiche. La crisi della sinistra
in Europa sarebbe questa: invece di ripensare e aggiornare la sintesi
politica ai nuovi e inevitabili conflitti di classe che la
globalizzazione neoliberista ha fatto emergere, invece di tutelare il
proprio blocco sociale di riferimento, queste forze politiche hanno
preferito snaturarsi per diventare il partito di tutti e per ciò stesso
di nessuno.
Ora è noto a tutti quanto Lula sia legato storicamente e
culturalmente al mondo politico, sindacale e dei movimenti sociali del
nostro paese. A queste considerazioni si può far finta di nulla o, al
contrario, reagire e provare ad aprire un confronto franco e senza
reticenze tra queste stesse categorie a partire dal dibattito
congressuale. Sono convinta che sarebbe utile e proficuo definire quanto
prima possibile cosa vogliamo e possiamo essere per rispondere ai
bisogni dei tanti che vedono nel Pd l’unica forza credibile e nel
congresso del 2013 l’ultima occasione utile per essere davvero
“creativi”. Magari non piaceremo a tutti, ma ricreeremo il senso di una
storia e di un orizzonte comune e condiviso. Facendo ricredere lo stesso
Lula.
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