sabato 10 agosto 2013

Le ragioni della figuraccia del Pd

Stefano Menichini
Europa  STAMPA
 
Goffaggini e assurdità sulla data del congresso Pd. Per fermare Renzi si scontentano tutti i candidati, mentre chi ritarda la decisione un candidato proprio non ce l'ha. Sullo sfondo c'è sempre Berlusconi.
Che si tratti di una figuraccia colossale non c’è dubbio. Con l’aggravante che la goffaggine della direzione democratica intorno alla data del congresso si riverbera non solo sul gruppo dirigente, ma sull’intero corpo dei militanti. Uno spettacolo che si doveva risparmiare a un partito già sottoposto a tanti traumi.
Ma perché si è giunti a tanto, alla scenetta un po’ comica della data richiesta, concessa, poi ritirata, poi oggetto della diatriba fra i due vicepresidenti del Pd?
La ragione originaria la conosciamo: un pugno di dirigenti democratici ormai ha fatto una professione delle tattiche dilatorie e ostruzionistiche per tenere lontano Matteo Renzi dalla segreteria del partito. Il paradosso è che in questa melina costoro si sono ormai tirati addosso la contestazione anche di tutti gli altri candidati, perfino fino ad adesso “più” candidati dello stesso Renzi.
Rispetto a questo estenuante giochetto, una prima novità è che il fronte che vuole ostacolare Renzi continua a non avere alcun candidato alternativo, visto che non si riconosce né in Cuperlo né in Civati né in Pittella e non riesce a tirare fuori un nome da mandare al martirio contro la macchina elettorale del sindaco di Firenze.
Già questo basterebbe a rendere la mitica data del 24 novembre una scadenza da incubo per qualcuno. C’è poi però un altro argomento, un po’ più consistente, ed è quello che lo stesso Renzi prende di petto quando afferma davanti al popolo delle Feste democratiche «almeno il congresso facciamolo senza Berlusconi».
Renzi su questo passaggio prende molti applausi. Neanche lui però può ignorare che le primarie del Pd sono molto diverse se si svolgono “in attesa” di elezioni politiche, oppure nel pieno del collasso della legislatura sotto i colpi di un disperato Pdl.
Se questa è la valutazione principale che muove Epifani (o meglio, che lo tiene fermo), essa andrebbe però esplicitata. Se non lo si fa, è perché affrontare questo scenario equivarrebbe a indebolire Letta, e perché la risposta renziana sarebbe facile e rapida: a maggior ragione il Pd ha bisogno di dotarsi di una leadership forte, tanto più ravvicinato è lo scontro con la destra.
E poi, il Pd può esibire una sua forte autonomia oppure giocare di rimessa come fa spesso, ma sotto la pressione di uno scontro politico una sola cosa proprio non può permettersi: di farsi ridere dietro come è successo negli ultimi giorni.

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