Editoriali
La Stampa 18/08/2013
Tito Livio racconta che uno dei principali scontri
militari nella storia di Roma avvenne per caso. Nel 168 avanti Cristo,
tra macedoni e romani era in gioco, nella piana di Pidna, la supremazia
politico-militare sull’Oriente ellenistico. I due stati maggiori erano
molto riluttanti a combattere ma chi decise per loro fu un asino:
sfuggito al controllo dei suoi guardiani nel campo romano, si diresse
verso le linee macedoni, inseguito da alcuni legionari decisi a
riprenderlo. I macedoni pensarono a un attacco, diedero l’allarme e la
battaglia ebbe inizio.
I responsabili delle grandi potenze raramente hanno oggi la
fortuna di aver ricevuto un’educazione classica ma dovrebbero sapere che
99 anni fa, il mondo, che pensava soprattutto alla pace e
all’espansione economica, si trovò «per caso» immerso in una terribile
guerra mondiale a seguito di un atto di terrorismo (l’uccisione
dell’Arciduca d’Austria a Sarajevo).
Le prospettive di crescita stabile e duratura
che cominciano a delinearsi in Europa, e forse anche in Italia,
potrebbero essere compromesse da situazioni inattese e apparentemente
secondarie.
Gli «asini impazziti» non sono infatti un’esclusiva di Pidna
né si devono riferire esclusivamente alle battaglie: ai possibili fatti
imprevisti di natura politico-militare, alle «guerre per caso» si
devono aggiungere possibili fatti imprevisti di natura economica, le
«crisi per caso» come quella che diede inizio all’attuale fase
depressiva nel 2007-08. Queste due possibilità vanno prese in seria
considerazione oggi non solo, come è ovvio, per considerazioni di
carattere generale ma perché potrebbero compromettere un lavoro di
irrobustimento finanziario e rilancio economico che, con molta fatica,
l’Europa sta conducendo da 2-3 anni.
Chi sono gli «asini impazziti» che oggi minacciano la pace
politica e la ripresa economica mondiale? Il primo, naturalmente, è
l’Egitto dove lo scontro sta raggiungendo dimensioni da guerra civile:
al di là di altre considerazioni, la possibile chiusura del Canale di
Suez avrebbe ripercussioni comunque molto negative sull’intera economia
mondiale e soprattutto su quella europea e di fronte alle quali non
possiamo chiudere gli occhi. Il secondo è naturalmente la Siria, le cui
terribili vicende si svolgono tra l’indifferenza di fatto della comunità
internazionale, mentre coinvolgono sempre più direttamente gli Stati
vicini, dalla Turchia all’Iran, con il rischio che Israele, sentendosi
gravemente minacciata, scelga la strada pericolosissima di un’azione
militare diretta. E’ doveroso ricordare tutto questo non si sta
svolgendo su un altro pianeta: nell’ultima settimana sono giunti in
Italia i primi profughi siriani, un problema, tra l’altro, del quale
deve farsi carico l’Europa e che non può essere affrontato soltanto con
le armi dell’emergenza.
Ci sono «asini impazziti» anche nell’economia. Un paio di
settimane fa, la città di Detroit, uno dei maggiori centri industriali
degli Stati Uniti, ha dichiarato fallimento e non è certo l’unica tra le
metropoli americane a vivere una stagione finanziaria difficilissima; i
debiti di Detroit (la rispettabile somma di circa 18 miliardi di
dollari) sono in buona misura detenuti da banche europee (non risultano
banche italiane) la cui stabilità finanziaria è indebolita da questi
sviluppi. Detroit, naturalmente, non è l’unico ente locale americano in
difficoltà finanziarie e nessuno dispone di una mappa attendibile di
dove si trovino i titoli di questi debitori difficili.
Rimanendo sul fronte della finanza internazionale, alla
debolezza dei debitori si aggiunge un altro «asino impazzito», ossia una
possibile debolezza degli intermediari da cui deriva un cattivo
funzionamento dei mercati finanziari internazionali. Il 14 agosto negli
Stati Uniti vengono incriminati due operatori finanziari di JP Morgan,
uno dei giganti delle transazioni finanziarie, il governo americano
accusa di frode sui mutui subprime la Bank of America, uno dei maggiori
istituti bancari del mondo e altri grandi nomi della finanza mondiale
sono sotto inchiesta per irregolarità e violazioni di legge che
comportano multe pesantissime.
Nel frattempo, la collaborazione tra autorità monetarie,
dalla quale potrebbero derivare soluzioni è scarsissima: la banca
centrale giapponese ha impostato, senza avvisare nessuno, una politica
monetaria espansiva che presenta notevoli rischi di destabilizzazione
per tutti. Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Centrale Europa
si sono pubblicamente accusati di cattiva gestione della crisi greca,
uno scontro che non si era mai visto.
La presenza di questi ostacoli sulla via di una nuova,
grande ripresa, europea e globale non va sopravvalutata ma nemmeno
disinvoltamente ignorata. Semplicemente, gli ostacoli vanno eliminati:
con politiche incisive e condivise nelle crisi egiziana e siriana da
parte di un’Unione Europa oggi clamorosamente muta, con una nuova azione
di governo e controllo dei mercati finanziari mondiali della quale si
vedono timidi inizi.
La ripresa, in altre parole, non è un fatto automatico e non
cade dal cielo. Va fortemente voluta non solo sul piano economico ma
anche, più generalmente sul piano politico-sociale e internazionale,
costruita con la messa a punto delle condizioni necessarie. La ripresa è
un progetto di futuro che richiede sforzi e non il sostituto del regno
di Bengodi: una semplice verità che gli italiani e gli altri europei
dovrebbero ricordare sul finire delle vacanze ferragostane.
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