mercoledì 14 agosto 2013

Israele, razzi e coloni non fermano i colloqui di pace


La Stampa 14/08/2013
Riparte il dialogo con i palestinesi
Oggi primo round fra le polemiche per le nuove case Hamas punta  al boicottaggio.

 
 
francesca paci

Il conto alla rovescia è terminato. Oggi, salvo terremoti politici, il ministro della Giustizia israeliano Tzipi Livni e il consigliere di Netanyahu Yitzhak Molcho dovrebbero sedersi di fronte ai palestinesi Saeb Erekat e Mohammad Shtayye per rilanciare, seriamente, i negoziati di pace. Il condizionale in queste ore non è un vezzo, date le nubi addensatesi in settimana sugli sforzi statunitensi. Proprio ieri, riaffermando l’impegno conciliatore della Casa Bianca, il segretario di Stato americano Kerry ha confermato la volontà del presidente palestinese Abu Mazen di continuare il dialogo nonostante le polemiche degli ultimi giorni sui nuovi insediamenti ebraici in Cisgiordania, insediamenti che, come ha ripetuto Kerry a Netanyahu, Washington continua a ritenere «illegittimi».  

L’annuncio del via libera alla costruzione di 900 nuove abitazioni al di là della linea verde (quella dei confini del ’67) ha sollevato parecchie proteste da parte dei palestinesi che, per bocca del portavoce dell’Olp Yasser Abed Rabbo, denunciano il rischio di un colloquio ucciso prima ancora di nascere (anche perché, sostiene l’Olp, dall’inizio di luglio a oggi Israele ha autorizzato l’edificazione di oltre 3000 case nelle aree occupate dalle colonie, in barba alle promesse reiterate agli americani). 

Retrocedere in questo momento però non conviene a nessuna delle due parti, come prova l’arrivo imminente del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon che, evidentemente, non vuole lasciare intentato alcuno sforzo diplomatico. Anche perché se l’Autorità Nazionale Palestinese deve fare buon viso alla concessione di Netanyahu alla destra nazional-sionista, sa che può contare in cambio sul rilascio - atteso per oggi - di 26 connazionali detenuti di lunghissima data nelle carceri israeliane (quasi tutti arrestati prima degli accordi di Oslo). Si tratterebbe dei primi di una lunga lista di 104 nomi prossimi a essere rimandati in Cisgiordania e a Gaza, giacché la Corte Suprema israeliana ha respinto il ricorso di Almagor, l’associazione delle famiglie delle vittime contraria al rilascio come molti nel Paese, spaccato sull’opportunità di abbuonare l’ergastolo a chi ha ucciso ferocemente civili e militari. La Corte, pur comprendendo «la pena» dei parenti, ha stabilito che il governo avesse «il potere» di arrivare a quella pur «sofferta» scelta. 

Molte cose si muovono in queste ore in Terra Santa. Mentre israeliani e palestinesi provano a ripartire, il confine sud, quello con l’Egitto, a ridosso della esplosiva Gaza da cui Hamas boicotta il rilancio dei negoziati, è in tumulto. Ieri il sistema anti missilistico Iron Dome è entrato in azione per la prima volta sul cielo della città israeliana di Eilat, sulla costa turistica del Mar Rosso, e ha abbattuto un razzo lanciato dal Sinai verosimilmente dai fondamentalisti islamici contro cui sta combattendo anche l’esercito egiziano.

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