venerdì 28 febbraio 2014

Ma in Europa non vinceremo da socialisti

Stefano Menichini 
Europa  

Adesione al Pse inevitabile. Peccato si tratti di una famiglia politica inconsistente, come le altre in un sistema dominato dai governi. Come si batterà Renzi contro Grillo e Tsipras?
È stato un atto poco più che di testimonianza, ma onore agli sparuti dirigenti del Pd che hanno trovato parole per criticare l’adesione al Pse, anche a nome di diversi loro colleghi che l’hanno subita senza pronunciarsi. Non perché non sia stata una scelta inevitabile, proiezione continentale di una vocazione al bipolarismo che in Italia fatica, e a Bruxelles da sempre si sostanzia più che altro in consociazione e staffette tra socialisti e popolari rigorosamente sotto la regia degli Stati nazionali.
Il limite vero dell’operazione, come abbiamo già scritto, è che la famiglia politica dalla quale si fa adottare il Pd è sostanzialmente una finzione. Ogni volta che si rimarca la dimensione globale e sovranazionale di tutte le scelte politiche che contano, proviamo a chiederci quale sia il ruolo che vi recita il Pse. L’unica risposta possibile è: nessuno. Abbiamo ancora negli occhi l’immagine – recente, meno di due anni fa – della famosa foto di Parigi: che cosa è rimasto del Manifesto sottoscritto da Bersani, Hollande e Gabriel, la bandiera dell’Europa del lavoro e della crescita contrapposta all’Europa del rigore neoliberista?
Non sono solo le sconfitte elettorali di italiani e tedeschi intervenute nel frattempo, e il precoce declino dei francesi, a rendere sbiadita quell’immagine. Il fatto vero è che nessun cittadino europeo crede che le decisioni che lo riguardano si giochino nella partita tra partiti, quando ancora così evidente e prepotente è il dominio della relazione fra governi.
Ne deriva che la scelta votata ieri dalla meno seguita fra le direzioni democratiche più che dannosa è inconsistente. Un gesto pro-forma, la chiusura di un contenzioso antico che interessa pochi reduci.
Il Pd e Renzi devono assolutamente vincere le elezioni europee: il contrario sarebbe esiziale. E possiamo star certi che in quella campagna elettorale non evocheremo né socialismo né progressismo, né proveremo a convincere gli italiani della forte leadership del candidato Martin Schulz. Lo scontro sarà con Grillo, un po’ anche con Tsipras, contro i quali potranno essere usati solo i risultati del governo di Roma e una superiore capacità di demolire il vecchio impianto della politica nazionale e della nostra subalternità internazionale. Il tutto mentre (giustamente) facciamo visita alla Merkel e ci compiacciamo dei giudizi positivi del Fmi della Lagarde: non sarà facile, e lo scudo del socialismo europeo non aiuterà granché.

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