martedì 25 febbraio 2014

Contenuti ottimi, forma da rivedere

Stefano Menichini 
Europa  

Nessun timore reverenziale nel discorso della fiducia di Matteo Renzi. Alcuni obiettivi chiari, altri meno, nessuna cifra, conferma per l'Italicum. Ma poteva prepararlo meglio
Le buone notizie innanzi tutto. Matteo Renzi non si fa cambiare dal successo e dal contesto: nel giorno del discorso più importante e solenne, gli affezionati riconoscono il proprio beniamino, la sua verve, la sua aggressività, l’assenza di timore reverenziale.
La schiettezza sul punto delicato è totale: cari senatori sono qui per eliminare la vostra assemblea, così com’è, dalla scena costituzionale. Analogamente, non ci sono equivoci possibili su altri impegni cardine: la priorità alla dignità del sistema scolastico (a partire dalle scuole come edifici: sacrosanto); l’attacco ai centri del potere burocratico statale e alla inamovibilità dei dirigenti; la volontà di spazzare via il potere dei Tar; l’abbattimento del carico fiscale su lavoratori e imprese; l’eliminazione delle province; un intervento sui mali della giustizia, che non c’entrano niente con la guerra berlusconiana.
Altre buone notizie. La riforma elettorale non finisce nel congelatore. S’è capito che Renzi è disposto a miglioramenti marginali dell’Italicum ma lo vuole approvato entro l’estate, con un primo voto alla camera nei prossimi giorni. Il legame con la più complessa e lunga riforma costituzionale sarà «politico» e non giuridico, ammesso che questo fosse possibile.
Infine, l’aggressività verso Cinquestelle: fino alle Europee e oltre, quello di Renzi sarà un governo di battaglia contro Grillo e i suoi, continuamente e irritualmente sfidati fin da ieri a palazzo Madama.
Infine, le notizie meno buone.
Va bene la genuinità. Ma estratta dalla Leopolda e privata di videoclip, la retorica a braccio di Matteo Renzi crea confusione nell’ascoltatore anche ben disposto. Senza dover per forza arrivare all’impaludamento e alla liturgia, discorsi forti, chiari e dai contenuti innovativi possono essere preparati e presentati con risultati migliori, e con maggior rispetto per il parlamento. È poi legittimo il dubbio che l’improvvisazione qui serva  anche a sfuggire a impegni precisi sul reperimento delle risorse e sui punti di mediazione con la destra su ius soli e unioni civili.
Si intuisce la sfiducia del premier verso la solidità del quadro politico che lo sostiene e verso la disponibilità del parlamento ad assecondarlo. Di qui la minaccia del ricorso a elezioni anticipate. E se è ottima l’intenzione di non rimanere a vivacchiare, certo ieri non si sono dissipate le ombre sulle chances di successo di un’operazione lanciata più per necessità che per convinzione.

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