Tra Renzi e Grillo sarà guerra aperta fino alle Europee, mentre
l'asse con Berlusconi sulle riforme istituzionali conferma un problema
più delicato (e pericoloso) nella coalizione di governo.
È stata la giornata più importante delle consultazioni. Per le
sue implicazioni politiche, rimarrà più importante anche di quella di
sabato prossimo, quando conosceremo i nomi dei ministri di Matteo Renzi.
Perché adesso abbiamo la conferma che la linea di confine lungo la
quale si combatterà più aspramente, nei prossimi mesi, non sarà quella
fra la maggioranza di governo e Forza Italia bensì quella fra Renzi e
Beppe Grillo. Con le elezioni europee come momento catartico, resa dei
conti forse finale (Grillo, a prenderlo sul serio, ha detto che se
perderà quelle elezioni abbandonerà la scena).
Più sotto traccia, ma avvertibile, proseguirà un altro
fronteggiamento. Per certi aspetti più complicato da gestire di quello
con M5S, e potenzialmente più destabilizzante perché attraversa la
maggioranza di governo prima ancora che si formalizzi: è il
confronto-scontro fra l’asse dei bipolaristi Renzi-Berlusconi e tutto
ciò che da quell’asse rimane tagliato fuori. Soprattutto Alfano e una
parte della minoranza Pd.
La legge elettorale è terreno concreto di questa partita, che Renzi e
Berlusconi vorrebbero chiudere subito. Il paradosso del governo è che
Renzi lo fa con interlocutori che per concezione del sistema politico
gli sono più distanti di quanto sia Berlusconi. Il quale nell’incontro
di ieri ha colto nel segno nell’avvertire il futuro premier della
delusione che lo aspetta a palazzo Chigi: il senso di impotenza,
l’assenza di strumenti efficaci per dare esecuzione alle decisioni. Un
problema che Renzi ha presente: come ricordava ieri Dario Nardella sul Corriere (bella
intervista, a parte il bizzarro riferimento al cambiamento di nome del
Pd), spezzare la barriera rappresentata dall’alta burocrazia statale è
un antico tema renziano.
Volendo, si tratta di sottigliezze da addetti ai lavori. Queste
giornate rimarranno nella memoria del grande pubblico soprattutto per
l’indecorosa scena della consultazione con Cinquestelle.
Rappresentazione perfetta della distanza tra chi vuole cambiare nel
concreto, e faticosamente si misura con tutti gli interlocutori e con
tutte le difficoltà, e chi, per esser sicuro di scansare ogni
responsabilità e ogni confronto, prima si nega alla consultazione e poi,
obbligato a presentarsi dai propri stessi elettori, la trasforma in un
monologo aggressivo. Ieri Grillo avrà dato soddisfazione a molti dei
suoi. Ma ha fornito a Renzi un armamentario di buone ragioni da offrire a
una fascia enormemente più ampia di italiani e di elettori.
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