Corriere della sera 22 febbraio 2014
È difficile non essere d’accordo con
Romano Prodi, quando dice che «tutti ci auguriamo un successo» di
Matteo Renzi a Palazzo Chigi. L’impressione di un governo che è
l’ultima spiaggia per tentare di risollevare l’Italia non
appartiene solo all’ex presidente della Commissione europea. Per
questo si tende a rimuovere l’immagine della gelida stretta di mano
nel passaggio delle consegne con Enrico Letta, disarcionato senza
complimenti dal segretario del Pd. E si scaccia il dubbio che
l’esecutivo sia giovane ma soprattutto inesperto. Insomma,
l’apertura di credito a Renzi è obbligata e inevitabile, in vista
delle elezioni europee e del semestre di presidenza italiana.
Appena
insediato, il capo del governo ha tenuto a dire ai suoi ministri che
si aspetta «tanti fatti e pochi annunci». Le aspettative sono alte:
perfino troppo, secondo qualcuno, scettico sulle riforme additate dal
presidente del Consiglio di qui a maggio. Soprattutto, nonostante gli
obiettivi di legislatura che Renzi assegna alla sua coalizione, si
capirà solo col tempo se si tratta di un governo destinato ad
arrivare al 2018 o a portare presto a elezioni anticipate. «Non
posso mettere la mano sul fuoco su quanto accadrà nei prossimi anni
— ha dichiarato, cauto, Giorgio Napolitano —. Speriamo che tutto
vada per il meglio».
Rispetto al rapporto con Letta, il
Quirinale appare più che mai istituzionale. Il capo dello Stato ha
verificato la lista dei ministri, e ottenuto garanzie soprattutto sul
candidato all’Economia, perché l’Italia deve fare i conti con le
istituzioni europee e i mercati. Per il resto, ha lasciato che Renzi
plasmasse l’esecutivo a propria immagine. I problemi cominciano
adesso. Il premier sa che solo ottenendo risultati in tempi rapidi
può far dimenticare la brutalità della «staffetta» e
l’inesperienza di alcuni ministri, seppure bilanciata dallo
spessore di altri. È l’unico modo per sperare di conseguire alle
europee di maggio la legittimazione popolare che gli manca, e che
Silvio Berlusconi non smette di sottolineare.
In assenza di
elezioni politiche, il capo del governo deve affidarsi al Parlamento
europeo. Se il suo Pd ottenesse un buon risultato, potrebbe dire che
l’opinione pubblica ha premiato il suo arrivo a Palazzo Chigi; e
dunque che non ha dietro solo i consensi delle primarie di partito,
ottenuti nel dicembre scorso. Si tratta di una sfida non facile,
anche perché il centrodestra berlusconiano confida in un risultato
simmetrico per rilegittimare il Cavaliere. L’invito a Forza Italia
a «tenersi pronti» per le urne, è un modo per ricordare a Renzi il
patto con Berlusconi sull’«Italicum», come viene chiamato il
progetto di nuovo sistema elettorale. Il timore è che il premier lo
congeli per rimanere a Palazzo Chigi . Ma sono tatticismi destinati a
impallidire di fronte a problemi economici intatti; e sui quali il
premier costruirà il successo o la rovina suoi e dell’Italia.
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