Mario Gorlani
E’ difficile non
rimanere completamente disorientati dal mutamento di rotta che Matteo
Renzi ha impresso alla sua strategia negli ultimi giorni. Fino a
poche settimane fa era stata tracciata una strada sensata, impostata
sull’accelerazione delle riforme (elettorale e del Senato) per
giungere in tempi rapidi ad un nuovo assetto istituzionale che
consentisse di tornare al voto con regole chiare, tali da assicurare
una futura maggioranza parlamentare.
Poi, per ragioni non del
tutto comprensibili, il segretario ha scelto di togliere il sostegno
al governo e di giocare la partita in prima persona, senza più
attese. Ha sicuramente avuto un peso determinante il senso di
impotenza trasmesso da Letta e dal suo esecutivo, nonché la
convinzione che, per poter portare a compimento il cammino delle
riforme, fosse necessario rimotivare una pattuglia parlamentare che
sembrava ormai procedere in ordine sparso, senza una guida sicura.
Aggiungo che, finalmente,
dopo due governi e mezzo “imposti” dal Capo dello Stato (Letta,
Monti e l’ultimo anno del governo Berlusconi, dopo la “quasi”
crisi del dicembre 2010), le forze politiche, e il PD in particolare,
si riprendono il ruolo che compete loro nel decidere quale governo
insediare e con quale formula politica, secondo le dinamiche proprie
della forma di governo parlamentare, che Napolitano aveva un po’
forzato.
E tuttavia quello di
Renzi rimane un passo che non convince. Non convince perché il suo
governo nasce minoritario o, tutt’al più, con il sostegno
determinante al Senato di una pattuglia di transfughi del Pdl, fino a
ieri in prima fila nell’incarnare un berlusconismo militante e
aggressivo; e non convince perché il punto di forza di Renzi è
sempre stato quello di sfidare convenzioni, liturgie e apparati della
vecchia politica per cercare nella legittimazione elettorale il
viatico per governare. Ha preferito un’opzione diversa, convinto
che la sua indiscutibile energia e il suo contagioso entusiasmo
possano superare le strutturali debolezze di questa raccogliticcia
maggioranza parlamentare.
Da cittadini interessati
alle sorti di questo Paese, più che ai destini personali di questo o
quell’uomo politico, gli auguriamo di farcela; ma il dubbio che,
tra pochi mesi, Renzi si troverà nello stesso pantano in cui è
affondato il suo predecessore è molto forte. E, dopo, a quale santo
toccherà affidarci?
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