La giornata storica si riduce a poca cosa per i berlusconiani: una
buona resistenza nell'aula del senato, un mezzo flop in piazza. E sull'8
dicembre ora tutto il Pd deve raccogliere la sfida.
I senatori forzisti e i loro alleati si sono battuti bene
nell’aula di palazzo Madama. Alcuni abissi di volgarità (la Mussolini,
come ti sbagli), alcuni interventi di carattere giuridico insidiosi,
tanti argomenti noti e stranoti. Ma nel complesso, data la gravità
dell’evento dal loro punto di vista, l’ultima trincea berlusconiana in
senato è stata difesa con una certa efficacia. Non si è verificata
neanche la ipotizzata fuoriuscita in massa dall’aula.
Fuori, nella Piazza che Berlusconi dovrebbe saper muovere molto
meglio del Palazzo, non è andata altrettanto bene. Altro che fiumane di
popolo: non più di duemila persone si sono accalcate ad arte nella
strettissima via del Plebiscito. Il discorso del capo decaduto non è
stato all’altezza del momento storico, si è capito solo che Berlusconi
vuole aprire una competizione diretta con il Pd intorno all’8 dicembre:
ottima notizia, diventano fortissime le ragioni che Europa proponeva ieri perché tutti i democratici diano il massimo per un’alta affluenza alle urne per il segretario.
L’unico altro dato politico della giornata (capita spesso che i
momenti catartici si riducano a poca cosa) è che sarà difficile gestire
la “scissione concordata” dei berlusconiani: almeno una parte degli
irriducibili rimasti col Cavaliere non rinuncia a toni da scomunica nei
confronti dei cugini separati. E nelle ultime ore, fra la contestazione
alla finanziaria “delle tasse” e l’accusa di sudditanza alla sinistra
forcaiola, Alfano ha cominciato a pagare i suoi prezzi.
Il fatto evidente che Berlusconi si consideri fin d’ora in campagna
elettorale non vuol dire molto. Né le sorti del governo né quelle della
legislatura dipendono più da lui. Può darsi che dal suo punto di vista
chiamarsi fuori e mettersi all’opposizione fosse l’unica opzione
possibile, di certo lo condanna a non poter più influire sulle dinamiche
politiche. Sarà aggressivo e pugnace fuori dal parlamento (anche se c’è
da mettere in conto una fase di depressione), però il triangolo della
decisione si restringe a Letta, Alfano e il prossimo segretario del Pd,
sotto la supervisione del Quirinale.
La nascita delle larghe intese, appena sette mesi fa, fu da tutti
giustamente considerata il capolavoro dell’intera vita politica di
Berlusconi. Comunque la si pensi su di lui, questo è sicuramente il suo
momento più basso, anche se ovviamente non l’ultimo.
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