sabato 9 novembre 2013

La Milano che gira la testa dall’altra parte

VIRGINIO COLMEGNA

L’Indifferenza è il più grosso rischio per il patto di coesione sociale che soggiace all’umana convivenza. Per questo anche la Milano solidale e impegnata deve fare i conti con chi volge lo sguardo lontano da chi ha bisogno. Non può chiamarsi fuori accontentandosi del fatto di essere “generosa”, “caritatevole”, insomma d’aver già fatto la propria parte per gli altri. No, deve fare i conti con l’insensibilità degli indifferenti perché se il suo impegno non è in grado di mostrasi nella sua bellezza e non è in grado di rompere le dinamiche di chiusura in se stessi, nei piccoli affetti e nei propri particolari interessi, allora il suo è un impegno fallimentare.
Nessuno deve accettare la logica manichea dei buoni e dei cattivi, della Milano a due velocità. Contro i messaggi egoistici di una certa politica, contro l’ideologia di chi invita a farsi largo nella vita a gomitate, contro la falsa morale di chi nasconde i propri interessi di parte costruendo attorno a sé barriere e steccati, la risposta è una sola: bisogna avere la capacità di mostrare che la vicinanza, la prossimità, la relazione d’aiuto sono l’unica strada percorribile per superare le enormi contraddizioni che attraversano la nostra metropoli. Questa deve essere una scelta politica, nel senso più antico e profondo. Abbiamo bisogno di spezzare l’individualismo, abbiamo bisogno di dialogo, di agorà affollate e appassionate, piene di persone coinvolte nei problemi degli altri. La sfida a cui siamo chiamati è quella del coinvolgimento, ne va della nostra umanità.
Per vincere questa partita siamo chiamati a riscoprire sinceramente i valori della solidarietà e dell’aiuto. Ma soprattutto a viverli nel profondo. Non possiamo aderire solo formalmente, limitandosi a compilare un bollettino postale all’anno per sostenere questa associazione o quell’Onlus e vivere sereni con noi stessi. La nostra umanità non può essere delegata, va esercitata in prima persona. Non c’è bisogno di partire volontari per chissà dove o andare tutte le notti a dare una mano ai senzatetto, si può esercitare la nostra umanità con piccoli gesti che mostrino agli altri che non sono soli. L’umanità è solidarietà verso gli altri, noi tutti siamo più umani quando accogliamo l’altro sotto il nostro tetto, quando con lui spezziamo il pane, quando allunghiamo una mano e offriamo appiglio.
Ma umanità è anche comprensione delle paure e del disagio di chi volta la testa dall’altra parte, di chi nega il gesto d’aiuto, di chi fugge. Sì, bisogna avere la premura di ascoltare queste persone senza cadere nella tentazione del facile giudizio, nella logica dei buoni e cattivi. Il rifiuto di un gesto di conforto esprime prima di tutto un disagio umano, la paura dell’incontro con l’altro che deve trovare ascolto. Noi, alla Casa della Carità, usiamo spesso il concetto dello “stare nel mezzo”, un’altro dei meravigliosi insegnamenti del cardinal Martini: significa affrontare un problema, un’emergenza, una difficoltà per superarla gradualmente, ascoltando chi abbiamo di fronte, senza preconcetti e pregiudizi, offrendo un aiuto senza ricette precostituite, convinti che a partire dall’attenzione per chi è ai margini si può produrre il benessere per tutti.

La Repubblica 9/11/2013

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