La performance dell'ex premier in tv non è piaciuto allo sfidante
di Renzi. Che si è detto d'accordo con un tweet critico del direttore di
Europa
No, no, non è questa la linea giusta, deve aver pensato Gianni
Cuperlo saltando sulla poltrona mentre ascoltava ieri mattina D’Alema ad
Agorà. Già: quello rovesciava su Matteo Renzi tutto il
rovesciabile, da «ignorante» al più morbido «superficiale», da
contraltare di Berlusconi a capo di un partito simile «alla vecchia Dc»,
quella delle «tessere» e via inveendo. No, non è esattamente questa la
linea comunicativa scelta da Cuperlo, sempre rispettosa, argomentata,
ragionevole e il più possibile robusta sul piano dei contenuti, mai
parametrata sul profilo del sindaco. Almeno quella vista sin qui. Perché
è probabile che adesso, in vista dell’8 dicembre, il mite Gianni alzerà
anch’egli i toni. Una traccia si è vista già ieri pomeriggio:
«L’impianto che Renzi propone, non apre una fase nuova, ma riproduce il
ventennio che vorremmo lasciarci alle spalle».
Ma perché questo D’Alema al cubo? Sarà l’aria della battaglia –
quell’inquietante e rivelatore «combatteremo palmo a palmo» – o lo
spauracchio della prima sconfitta congressuale della sua vita, fatto sta
che anche ai dalemiani di ieri e di oggi è apparso troppo tranchant.
Troppo D’Alema. Quantomeno ingombrante, per l’ex capo della Fgci.
È toccato in sorte al direttore di Europa mettere il dito
nella piaga in diretta, via twitter: «Gianni Cuperlo non merita questa
ossessione crepuscolare», il tweet di Stefano Menichini. E, a sorpresa,
subito dopo il cinguettio dello stesso Cuperlo «Sono d’accordo». Udite
udite: una dissociazione in tempo reale, davanti a tutti.
D’Alema e il suo pupillo devono aver avuto un chiarimento
sull’accaduto. Perché più tardi il candidato anti-Renzi chiariva di
avercela con le ossessioni crepuscolari (formula rivelatasi azzeccata) e
«non con chi mi appoggia»; e poi lo stesso ex premier spiegava che si
era dovuto difendere da attacchi personali a lui rivolti dal sindaco
fiorentino: «C’è un limite oltre il quale la propaganda diventa una
deformazione grottesca e offensiva. A ciò ho inteso reagire. In questa
disputa, che spero finisca qui, io sono stato aggredito e non
l’aggressore».
«Sì, una questione personale», ci ha confermato Matteo Orfini,
sostenitore di Cuperlo e “nipotino politico” di D’Alema. Per il
“giovane turco”, nel Pd di adesso «non ci dovrà essere spazio per
insulti e attacchi personali». È una presa di distanza anche questa. Non
nuova, peraltro, da uno come Orfini, che da tempo teorizza una sorta di
“nuovo Pd” emancipato dalla tutela di quel vecchio patto di sindacato
di cui Massimo D’Alema è stato per anni una colonna portante.
Possibile che nella fase che ora si apre quest’ultimo se ne starà un
po’ dietro le quinte. La “cattiveria” Cuperlo deve trovarla dentro di
sé, e vedremo se la troverà il 29 nel faccia faccia televisivo di
SkyTg24. La partita – o quel che resta della partita, dopo essere stato
battuto nei circoli – è nelle sue mani, non ha bisogno di tutele. Al
contrario, lo danneggiano.
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